CENTRO STUDI: LA CITTADELLA INNOVA


CENTRO STUDI: LA CITTADELLA INNOVA


archivio barlettanews Archivi - Barletta Città Marinara

Category Archives: archivio barlettanews

  • -

Zone Economiche Speciali, fervono i lavori: e Barletta sospira nel proprio sonno?

Nell’era della rivoluzione istituzionale anche se tardiva rispetto alla nuova via della seta, (la Silk of road) data dalla recente riforma del sistema portuale e dalla istituzione delle due Zone Economiche speciali in Puglia, il sito barese sulla AdS Adriatico Meridionale con i rispettivi porti che ne fanno parte (Bari, Brindisi, Barletta, Manfredonia e Monopoli), risulta però in allestimento. Nessuna paura. Per ragioni forse non meno innovative, volute dal nuovo Presidente, le cose nuove si prospetterebbero, speriamo al più presto, al meglio per tutti. Quanto alle Zone economiche Speciali retroportuali (Zes), si prospetterebbe qualcosa che vada oltre i timidi crediti di imposta (gli sgravi fiscali, etc.) per attrarre investitori (pubblici e privati), a ragione di coinvolgere effettivamente anche gli enti locali perché possano mettere sul piatto in termini di Irap, Tari, etc. Tuttavia Pechino incombe, e ci pare più vicino di Roma e Bruxelles.

Intanto su Bari fervono un mare di buone iniziative. Infatti ecco un positivo riscontro offerto da una pioggia di comunicati stampa. Il 22 gennaio, nella sala conferenze del terminal crociere di Bari, si è svolto un convegno dal titolo: “Dal porto all’Autorità di sistema portuale. Lo sviluppo del porto tra territorio e globalizzazione”. Il 2 febbraio 2018: L’AdSP MAM raggiunge tutti gli obiettivi ministeriali. L’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, in soli 6 mesi dalla costituzione del Comitato di gestione, raggiunge tutti gli obiettivi assegnati per l’anno 2017 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si approva il nuovo Piano Anticorruzione e Trasparenza: un unico documento che accorpa una valutazione di processi a rischio di 5 porti, volto ai procedimenti, riferibili all’attività amministrativa che interessa un territorio molto vasto comprendente le provincie di Bari, Brindisi e Foggia.

Il 6, febbraio 2018: Il porto di Bari base operativa delle unità navali maggiori della Guardia Costiera: AdSP MAM e Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto sottoscrivono un protocollo d’intesa finalizzato alla destinazione di aree e banchine del porto di Bari per la realizzazione di sistemazioni di ormeggio delle unità navali maggiori della Guardia Costiera e di strutture tecniche di supporto.  Il 15 febbraio: cerimonia per la consegna ad ARPA Puglia della “ex stazione marittima ferroviaria”. Il 22 febbraio 2018: Assoporti interviene sul Decreto del MIT di rimodulazione delle somme per opere nei porti Si tratta di una regolare attività di ricognizione e ridistribuzione degli stanziamenti delle somme destinate ad opere infrastrutturali nei porti.  Infatti, sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio scorso, è stato pubblicato un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 19 novembre 2107, che rimodula le somme a suo tempo stanziati.  Il 15 febbraio, si è tenuta una cerimonia per la consegna ad ARPA Puglia della “ex stazione marittima ferroviaria”, un edificio demaniale insistente nella circoscrizione portuale dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale. Ma cosa avviene anche in altre città portuali?

Se a Monopoli fervono alacremente il riuso di interessanti aree retroportuali, funzionali al possibile piano regolatore portuale, a Brindisi le cose vanno ancora meglio. Infatti, annuncia Patroni Griffi (presidente AdSP MAM) “Firmeremo un protocollo con il comune come è stato fatto lo scorso anno. Cosa che “si inserisce in una programmazione più strutturata che comprende tutti i porti pugliesi: abbiamo siglato un accordo con Puglia Promozione”.

E ancora. Resta da comprendere quale impatto potrà avere sull’economia del territorio l’istituzione della Zes. Innanzitutto – prosegue Patroni Griffi – sono soddisfatto per essere riuscito ad ottenere l’inserimento nella Zes dell’intero demanio marittimo: questo per Brindisi è molto importante perché vi rientra ad esempio l’Area Ex Pol, e ciò permetterà di agevolare la riqualificazione di quell’area anche con il coinvolgimento di privati. Stesso discorso per il capannone Montecatini e per la realizzazione di una stazione marittima”. Insomma, “tutti questi interventi vengono agevolati dai benefici legati alla Zes”. Ma ora –  aggiunge il Presidente – “bisogna predisporre anche il pacchetto incentivante da proporre agli investitori, e su questo punto andremo a competere con altre regioni. E’ necessario inoltre tagliare i passaggi amministrativi e ciò può avvenire attraverso una devoluzione dei poteri in capo al Comitato della Zes, composto da Autorità portuale, dalla Regione, dal Ministero e dalla Presidenza del Consiglio. In presenza della Zes mi chiedo se sarebbe normale andare ancora a chiedere l’autorizzazione alla Provincia per effettuare un dragaggio”.

Quanto a Barletta, dice Patroni Griffi, “ci ho messo due mesi per trovare la quadra sullo spostamento dei sedimenti: servirebbe quindi azzerare i passaggi burocratici così da accelerare i tempi. E poi bisogna andare a creare un pacchetto che vada oltre il credito d’imposta: penso agli incentivi che gli enti locali possono mettere sul piatto in termini di Irap, Tari, ecc.”.

In questo encomiabile fervore analitico e propositivo, quali i sogni e inconfessati sospiri arroventerebbero il Comune di Barletta, autorevole Città come le altre, della AdSP MAM? D’altra parte proporre di mettere sul piatto delle Zes Irap e Tari, se ciò comporta sacrifici di entrate per i Comuni ed enti locali, sarebbe anche il Presidente dell’Anci (oggi De Caro, sindaco di Bari) ad attivarsi? Oppure il Governo del Dopoelezioni? O la stessa regione Puglia? Intanto, per rimodulare i fondi europei del 2020, giunge al Sud, il coordinatore europeo del Corridoio scandinavo, Pat Cox, e scopre granché di nuovo: la solita e triste arretratezza delle infrastrutture anche portuali.

Ma da fonti autorevoli, difficoltà e ritardi sulle Zes e via della seta, sono anche europei. Infatti, secondo un’indagine dell’International Transport Forum (ITF), ente intergovernativo che opera sotto l’egida dell’Ocse, nel 2017 Pechino sarebbe arrivata a controllare un decimo dell’intera capacità portuale europea. Come? A soli due anni dopo dallo sfrenato shopping di terminal strategici, dall’Oceano indiano passando per il Mediterraneo, fino alle coste atlantiche. E da qui spingendosi in Grecia (Pireo), Italia (Vado Ligure) e Spagna (Bilbao e Valencia) – effettuando così un “balzo in avanti” rispetto al 6,5% dell’anno precedente. infine le mire di Pechino si sarebbero spostate anche sul secondo scalo più importante del Belgio, Zeebrugge, il primo scalo dell’Europa nord-occidentale finito nell’orbita cinese. E tutto ciò – si sottolinea – nonostante l’effettiva assenza di reciprocità (tra gli Stati), che impedisce agli operatori stranieri di assumere quote di maggioranza proprio negli stessi porti della Repubblica popolare.

Da questo scenario italico-europeo, ove la Cina mette mano sui principali scali tra Asia, Africa ed Europa, colmando il deficit infrastrutturale euroasiatico e riportare in vita le antiche rotte commerciali lungo la via della seta marittima, per tutto ciò in Puglia e in Barletta, perché non si prende in considerazione nemmeno nostri recenti lavori – a salutare iniezione indolore – di cultura storica sulla via della seta tutta italiana, sui porti franchi di città mondiali e  italiche nel ‘300, Venezia, Genova, Napoli, Barletta di Puglia, etc., nonché dell’Asia, Africa, Europa e Mediterraneo?

A cura di Nicola Palmitessa

Zone Economiche Speciali, fervono i lavori: e Barletta sospira nel proprio sonno?


  • -

Barletta e l’oscuro silenzio delle città sulle Zone Economiche Speciali

Mentre il governo nazionale spedito nel provvedere ad emanare Decreti di riconoscimento per altre regioni e la Cina conferma il suo interesse per la via della Seta in Italia – a che punto stanno le Zes di Puglia e di Basilicata? Mentre la classe dirigente pugliese e barlettana si chiudono nel solito assordante silenzio, cosa sarebbero le Zes?

Le Zone Economiche Speciali (Zes), sono state create dal governo centrale per attirare maggiori investimenti stranieri in diversi Paesi nel mondo. E in Italia il Decreto Sud ha stanziato 200 milioni di euro alle Zes: 40 alle politiche attive del lavoro e 150 al sostegno amministrativo agli enti locali. Una Zes è una regione geografica dotata di legislazione economica differente da quella in atto nella nazione di appartenenza.

Ma cosa sta succedendo in Puglia e in Basilicata? Sappiamo che alla Puglia spettano 4.408 ettari, ma ancora non sappiamo quanti ne saranno distribuiti alle due Zes: quella dell’Autorità di sistema Adriatica, che include i porti di Barletta, Bari, Brindisi, Manfredonia e Monopoli; e quella Ionica che nascerà dal porto di Taranto fino a Matera. Né tantomeno sappiamo quali sarebbero gli effettivi sgravi fiscali; né quali gli accordi della Zes di Taranto con Matera della Regione Basilicata. Intanto sappiamo pure che mancano pochi giorni per la presentazione del piano di sviluppo di tali regioni.

L’ira di Mazzarano non è l’unica per i ritardi sulla Valbasento-Taranto, né quella di altre forze politiche come Domenico Damascelli ed Ernesto Abaterusso che sollecita anche una Zes per il Salento; in realtà tali incontenibili livori della classe dirigete pugliese risalgono già da scorso dicembre, con le note dimissioni dal Comitato di indirizzo della Regione Puglia da parte del Presidente dell’Autorità di Sistema Adriatica, Ugo Patroni Griffi. Dimissioni – si dice – perché il governo centrale, a sorpresa, riconosceva per il Nord, le Zone Logistiche Speciali (Zls) favorendo così le potenti aree portuali di Trieste e quindi di Genova e Venezia.

Nessuno mette in dubbio le nostre solite e giustificate lagnanze meridionali. Ciò che invece andrebbe messo in perenne discussione è il culto mitologico fatto di perenni ritardi. In altri termini, che sorte di ciacioppo progettuale delle Zef si formerebbe in soli dieci giorni? Quale alibi si celerebbe dal solito ritardatario dell’arrivo dei nostri? Forse sarà motivo di raffazzonare aree perimetrali della Zes, magari lasciando alla sorniona Barletta qualche inutile e spuria zolla di terra nel desolante mare depurato da ogni voce e autonomia di pensiero? Quale perimetrazione Zes spetterebbe non solo per l’area portuale di Barletta, ma anche per Brindisi, Manfredonia e Monopoli? Sono state individuate le tipologie di prodotti e rispettive aziende da privilegiare in ciascuna area portuale di queste città portuali? Oppure ci si è fermati alla solita vocazione e forse banale vocazione territoriale dei tempi passati? E quali sarebbero le nuove imprese orientate a tipologie di prodotti, suscettibili di vere potenziali di sviluppo produttivo? Nulla è dato sapere perché tutti tacciono.

Tornando alla mitica pochezza culturale che genera devastanti ritardi alle istituzioni e danni allo sviluppo economico nazionale e locale, il primato forse spetterebbe a Barletta, caratterizzata per il solito e indicibile silenzio dei nostri politici e asfittica classe imprenditoriale. Eppure persevera nel non utilizzare il suo stesso valore aggiunto, offerto a piene mani dalla storica identità di città marinara: l’unica nel Sud – insieme a Venezia e Genova – sopravvissuta fino al sec. XIX. Del resto, sono state queste le tre città solidamente presenti nei manuali di mercatura via Via della seta, che dalla Cina giungeva nel Mare Adriatico. E da qui già nel sec. XIV le nostre preziose “mercatantie” prendevano la stessa via della seta che ripartiva principalmente da Venezia e da “Barletta di Puglia” per inoltrarsi lungo dal Mediterraneo al Mar Nero e, a settentrione, approdava al Mer Azov, per spingersi via terra nel lontano Cathai cinese.

Se i libri della città marinara di Barletta, sono tuttora ignorati dalle istituzioni politiche della Citta di Barletta, invece quelli della comunità scientifica di Amalfi e di altre città portuali meridionali, almeno ne curano pregevoli prefazioni introduttive alla lettura. I ritardi delle istituzioni politiche e delle autorità preposte alla governance della città, sono quindi frutto di quelli propriamente culturali. Ma spesso camuffate solo dalle campagne elettorali di turno?

Se al signor sindaco di Barletta chiedo per l’ennesima volta che fine ha fatto il nostro progetto strategico sulla Blue Economy, fermo nei forzieri del Palazzo da ben due anni; ai sindaci delle città costiere della Bat (Margherita di Savoia, Trani e Bisceglie), nonchè al Presidente della Provincia e del Patto Territoriale, domando: è proprio difficile approntare un dovuto tavolo di lavoro per l’integrazione tra le città e il mare? Se a beneficiare delle Zes, saranno anche le città dell’entroterra della Provincia, perché trincerarsi nel fatuo silenzio del proprio orticello?

Dott. Nicola Palmitessa – Centro studi: La cittadella Innova

 

Barletta e l’oscuro silenzio delle città sulle Zone Economiche Speciali


  • -

Presentato il volume “Amalfitani e Città Marinare di Puglia e Barletta”

È stato presentato la mattina di venerdì 16 marzo c.a. a Barletta, presso l’Auditorium della Chiesa di S. Antonio il volume di Nicola Palmitessa: “Amalfitani e città marinare di Puglia e Barletta. Dai Normanni al Viceregno, sec. XVI”.

L’evento ha offerto una straordinaria opportunità di confronto e discussione sull’identità marinara di Barletta, coinvolgendo a tale proposito professionisti provenienti da diversi ambiti disciplinari, quali la storia, l’antropologia, il diritto e la logistica dei trasporti.

Organizzato dal Centro Studi “La Cittadella Innova di Barletta”, e promosso da The International Propeller Club Port of Bari, dall’Avvisatore Marittimo del Levante, dal Centro Ricerche Etnografiche, Storiche, Antropologiche (C.R.E.ST.A.) di Bari, dall’Ordine degli Avvocati di Trani e dall’AGIFOR, il convengo si è aperto con i saluti del Dott. Palmitessa, che ha ringraziato i relatori intervenuti sottolineando la necessità di offrire nuove prospettive e risorse alle sfide che l’attuale economia del mare chiede, e del Comandante della Capitaneria di Porto Sergio Castellano.

I lavori sono stati coordinati dalla Dott.ssa Irene Manuela Masciopinto, amministratrice dell’Avvisatore Marittimo del Levante, che si è fatta portavoce dei saluti del direttivo del The International Propeller Club Port of Bari e di tutta la comunità portuale barese.

La parola è stata poi data al Dott. Michele Claudio Masciopinto, antropologo marittimo e responsabile del Centro Ricerche C.R.E.ST.A., che ha illustrato le tematiche antropologiche che ruotano attorno all’elemento mare, sottolineando il suo carattere di unione e connessione tra culture, osservando l’importanza di una adeguata valorizzazione e tutela del patrimonio culturale marittimo, invitando infine a riflettere sullo spazio fisico del Mediterraneo non in quanto confine ma come vero e proprio “vivaio della creatività culturale”.

Le riflessioni sono poi passate alla storia del diritto della navigazione, con un intervento da parte dell’Avv. Nicoletta De Mango che ha illustrato la vicenda storica degli Statuti Marittimi di Trani che regolamentavano il diritto della navigazione in Puglia e nell’Adriatico, e una relazione dell’Avv. Alfonso Mignone che ha invece analizzato le influenze degli Amalfitani nelle Consuetudini Marittime di Puglia, rimarcando in particolare il contributo che essi diedero nella formazione di una legislazione marittima uniforme in tutti gli Stati rivieraschi, compresi quelli arabi.

Infine l’intervento dell’autore, Nicola Palmitessa, che evidenzia l’importanza sulla necessità di svolgere lavori di ricerca storica per mettere in evidenza sguardi e prospettive differenti sul patrimonio e sull’identità del territorio: la fitta trama di relazioni tra Barletta e le città della costiera amalfitana, le città pugliesi e le città del regno insieme a quelle italiche ex-repubbliche avvalora il ruolo di Barletta come “città marinara” proiettata negli scenari economici di quell’epoca, dall’XI al XVI secolo.

Da segnalare gli interventi esterni da parte della Presidente della Società di Storia e Patria per la Puglia- Sezione Barletta, Prof.ssa Antonietta Magliocca, che ha presentato un contributo sul ruolo del porto commerciale di Barletta in epoca moderna, e della Dott.ssa Carla Colucci del Centro Studi “La Cittadella Innova”, che ha letto una breve relazione della Prof.ssa Maria Russo del Centro di Cultura e Storia Amalfitana.

La partecipazione alla giornata ha permesso il conseguimento di 4 crediti formativi per gli avvocati.

Dopo il convegno, ha fatto seguito un interessante tavolo di lavoro sulle possibili nuove strategie di raccordo tra le città italiche e l’area mediterranea.

A cura di Nicola Palmitessa

Presentato il volume “Amalfitani e Città Marinare di Puglia e Barletta”


  • -

La Città Marinara per il regno, le ex repubbliche e il preludio alla Disfida

Dedichiamo la sintesi del volume presentato il 16 maggio innanzitutto al compianto Arcivescovo Giovan Battista Picchierri, con il Sindaco Pasquale Cascella, il Comandante Pier Paolo Pallotta e il signor Emanuele Lombardi. Si ringrazia costoro anche in vista della imminente inaugurazione della nuova sede della Capitaneria del Porto e quanti, politici e non, da tempo si sono prodigati per la suddetta realizzazione.

Strano ma vero. Dall’età Normanna in poi, continua il lungo viaggio nella storia marinara del regno e della Civitas regia di Barletta, per approdare a tutto il Quattrocento. Finalmente dopo quella di Amalfi, sempre nel regno del sud italico – grazie a lavori di scavo sotto una coltre di materiali storici e di archivio, di storiografie avviate tra ‘800 e ‘900 e mai compiute -, ecco il V volume di rilettura storica (secc. XI-XVI) sul regno di Napoli e la sua prediletta città marinara di Barletta.

Ancora tra angioini e aragonesi, nel firmamento delle città marinare è apparsa una nuova stella di luce propria. Un regno come generato da una città marinara e questa come legittimata solo da quello. L’enorme eredità politica e istituzionale lasciata da Alfonso d’Aragona (17 giugno 1458) per suo figlio naturale Ferdinando l, è addossata su Enea Silvio Piccolomini, neo eletto Pontefice Pio II.

Gli angioini sono sempre sul piede di guerra. I Baroni fanno loro eco. Tuonano altri grandi echi sulle sponde dell’Europa Mediterranea. I grandi mutamenti epocali stanno generando ancora effetti più devastanti. La caduta di Costantinopoli (1453) è solo uno degli effetti più appariscenti della perdita di tenuta istituzionale e diplomatica delle repubbliche marinare. Dopo 70 anni di cattività avignonese la Chiesa si rivela ancora in forte affanno tra i Principi d’Europa.

La cristianità dei monaci benedettini ha fatto il suo tempo. Presto uscirà fuori dai monasteri per incamminarsi sulle vie delle città. Il rinomato prestigio delle città marinare ora sarà sostituito da quello dell’affidabile ruolo istituzionale e marinaro della civitas regia marinaradi Barletta che muove in soccorso allo stesso regno, di fatto come usurpato da una subdola e strisciante indifferenza generale. Ma una nuova alba non si farà troppo attendere, per un regno messo a dura prova e quindi per i principi europei.

Voluta da Pio II, la Bolla d’Investitura (novembre 1458) per il vilipeso Ferdinando I d’Aragona (qui tradotta dalla Dott.ssa Carla Colucci da numerose fonti di archivi storici rintracciati dal sottoscritto) si disvelerà come provvidenziale carta costituzionale per il futuro regno. Non solo di Napoli, forse anche per gli stessi Principi.

La bellezza del testo, sia letteraria che spirituale, tra nuove avvertenze istituzionali e centralità della persona umana, cela una intensità di calore e notevole afflato umanistico. Mentre la Corona appare attenta nel rilanciare il ruolo marinaro di Barletta, dove avverrà anche la celebrazione dell’investitura e della stessa incoronazione del nuovo re (14 gennaio – 4 febbraio 1459).

Già nel ‘300 la Città è stata luogo di sicuro rifugio – è questo un altro aspetto poco conosciuto – per la vita dei Pontefici (Urbano VI nel 1385, epoca del grande scisma). Poco prima la Città era stata sfidata nella propria dignità civile (1348-1350) dalla travolgente occupazione del grande esercito degli Ungheri.

Il quale sarà poi cacciato fuori dal regno grazie alla energica reazione delle forze civili e militari da parte dell’intera città. Dentro le proprie mura la Città sperimenterà una risoluta e autonoma dignità propriamente “marinara”.

Al contempo, dovrà uscire anche fuori dalle stesse mura con i suoi trecento cavalieri per acquietare con la forza e la diplomazia le città ormai cadute nella più profonda anarchia, causata dall’occupazione di tale esercito con il suo quartier generale per circa due anni.

Dunque, Barletta anche nel XV secolo – tra eventi storico-popolari e funzioni istituzionali propri dell’autonomia di una grande città – si confermerà come la capitale marinara dell’intero regno di Napoli, e città di mille franchigie regie che saprà gestire in mondo autonomo e produttivo.

Anche se alcune città pugliesi cadranno sotto la sovranità di Venezia, la stessa cosa la serissima non giungerà mai a scalfire un minimo di autonomia alla città di Barletta. Finita l’era aurea degli aragonesi, anche il ruolo marinaro dovrà affievolirsi con l’arrivo dei nuovi sovrani: gli Spagnoli, le antiche contese con i Francesi ora, nel 1503, saranno suggellate con la famosa Disfida.

Intanto, in Puglia quali funzioni ebbero ad assolvere altre città per così dire marinare? Fin qui la sintesi del primo Volume, già presentato il 16 maggio 2017 dal titolo “Barletta: la città marinara per il regno. Volume primo. Il Pontefice, il re e le città di Puglia. Tra Angioini e Aragonesi. La Bolla di Investitura di Pio II e quella Aurea di Ferdinando I d’Aragona”. (Ediz. Centro studi La Cittadella Innova. Tipi Magma Grafic. Bari, pp. 357).

Tale interrogativo di fondo troverà positive sue pertinenti e propositive risposte nel secondo Volume (“Un regno per le città marinare di Puglia”) che sarà presentato il 27 ottobre 2017, ove saranno messe nel proprio rilievo storico, città marinare pugliesi come Trani, Brindisi e Taranto. Mentre nel resto del regno Amalfi è ormai relegata al semplice ruolo di alta diplomazia.

Intanto, le lontane origini urbanistiche e formazione e ruolo delle istituzioni marinare di Barletta (secc. XI-XII), si inscriveranno anche come crocevia delle antiche arterie stradali della Puglia Settentrionale che si incontreranno nell’area portuale della città marinara (oggi piazza Marina).

Dal Mediterraneo al Mar Nero (fino a spingersi sulla Via della Seta), confrontando le reciproche relazioni tra la Città di Barletta e quindi dei grandi mercati, prodotti, pesi e misure che si riscontrano nei manuali delle Pratiche della Mercatura – come quello dei Bardi del sec. XIV – l’intensità degli scambi e numero delle piazze, gareggiano con quelle delle due più grandi repubbliche marinare: Genova e Venezia.

Se quindi da Nord a Sud, di autonomia dei comuni si vuole parlare, il distinguo andrebbe rintracciato a partire proprio dalle complesse funzioni di autonomie marinare, le quali faranno grandi le antiche città italiche: prodromi di una imperitura e autentica civiltà di cui ad oggi ne restano orgogliosi.

Dott. Nicola Palmitessa e Dott.ssa Carla Colucci
Centro studi: La Cittadella Innova

 

fonte http://www.barlettanews.it/la-citta-marinara-preludio-alla-disfida/


  • -

Il futuro del Porto di Barletta nelle mani dei parolai

Recentemente si è tenuto un summit tra Regione Puglia e Autorità Portuale del Levante per definire la serie di interventi riguardanti il Porto di Barletta e finanziati con 2.800.000,00 euro rientranti nel Piano triennale delle Opere pubbliche 2014/2016 approvato con il bilancio di previsione 2014 del Comitato Portuale con deliberazione n.6/2013.

Questa notizia, come appare ovvio, non può che far piacere se non fosse per il fatto che la finalità dei lavori sarà quella di riportare l’altezza dei fondali del porto alle misure utili per la navigazione, in poche parole un dragaggio che consentirà, solo per un brevissimo periodo, di riavere navi di definite stazze che approdano a Barletta.

E poi ? E poi tutto tornerà come prima se non peggio, in quanto non è stato curato il male ma sono stati forniti solo antidolorifici che alleviano momentaneamente il dolore e cioè viene tolto dal porto tutto ciò che vi è affluito, senza creare le strutture utili a non trovarsi, nuovamente, con l’innalzamento dei fondali.

A qualcuno potrebbe sorgere  spontanea la domanda “ Ma c’è qualcuno che ha approntato il progetto ? E se c’è, chi è ? Un tecnico conoscitore delle problematiche del nostro porto o semplicemente, come purtroppo sospettiamo, un burocrate esperto parolaio ( “Persona di molte parole, ma vuote e inconcludenti” dizionario Hoepli) ?

Sin dal periodo romano per la città di Barletta il porto e le risorse ad esso connesse, hanno acquisito sempre maggior importanza. Lo sviluppo nel traffico merci e le potenzialità e i programmi di sviluppo dello scalo marittimo dovrebbero essere, per il porto di Barletta, una realtà che, unita al traffico passeggeri, renderebbero il nostro porto uno scalo importante nel panorama non solo italiano, ma dell’interoMediterraneo e dell’est Europa.

Attorno al porto, col tempo, si sono costruite una serie di attività legate soprattutto alla pesca ed al trasporto delle merci. Negli ultimi anni si è cominciato timidamente a parlare anche di attività meramente turistiche legate alla crocieristica ed al trasporto passeggeri, attraverso le cosiddette “Vie del mare”.

Il riconoscimento del ruolo sempre più determinante che i trasporti marittimi e di conseguenza le città portuali, rivestono nella crescita economica della nostra penisola, rende indispensabile prevedere, nell’ambito dell’ampia serie di politiche ed programmi previsti per lo sviluppo del Mezzogiorno, anche una adeguata politica di sviluppo dei porti e delle infrastrutture portuali, di miglioramento della produttività e dell’organizzazione, in una visione complessiva che tenga conto delle nuove ed articolate tendenze in atto nel settore connesse, in particolare, al trasporto intermodale e combinato, alla specializzazione dei servizi, alla logistica integrata, alla diffusione di sistemi informatici, al processo di liberalizzazione messo in moto con la riforma portuale del 1994 (L.84/94).

A tale scopo, sarebbe indispensabile predisporre articolati piani, improntati su una strategica attenzione all’offerta, in base ai quali, invece di adeguare a posteriori le infrastrutture alle esigenze dei traffici e del sistema economico, si crei un surplus di capacità infrastrutturali e di servizi, in grado di attrarre traffici ed attività economiche. È necessario, altresì, tenere presente che gli interventi infrastrutturali hanno effetti nel medio e lungo periodo, per cui una corretta programmazione deve puntare, in una prospettiva dinamica, anche su alcune misure di breve periodo, come gli investimenti in sistemi organizzativi, lo snellimento delle procedure burocratiche, gli investimenti in formazione e sicurezza ed infine, l’eliminazione di una serie di impedimenti burocratici che pongono limiti allo sviluppo dei traffici senza peraltro portare significativi benefici al bilancio del Comune.

E’ importante che l’area portuale resti titolare delle funzioni direzionali delle attività produttive e centro di produzione e di offerta dei servizi di rango più elevato.

La risoluzione delle problematiche delineate assume particolare importanza per Barletta che, com’è noto, soffre di una attuale condizione di precarietà, sebbene nell’area servita dalla nostra Città si concentrino le più vaste potenzialità di sviluppo.

Da un’analisi comparativa tra le diverse realtà portuali italiane, con particolare riferimento ai porti di Ancona, Bari e Taranto, sono emerse luci ed ombre del sistema porti dell’intera costa adriatica. Dallo studio realizzato dall’Università degli studi di Napoli è emerso che è necessario intervenire sempre più sul versante della realizzazione delle infrastrutture ed in particolare dei collegamenti intermodali, che hanno evidenziato, a volte in modo drammatico, le loro carenze, senza, tuttavia, trascurare l’aspetto relativo al continuo rinnovamento delle strutture interne agli scali, i quali devono anche assicurare mezzi e macchinari in linea con il progresso tecnologico.
Non si potrà, inoltre, non tener conto del settore dei servizi e dei costi che tali servizi generano, dello snellimento delle procedure burocratiche, della loro informatizzazione.

In tal senso, se sono auspicabili ulteriori interventi legislativi che, a fronte di nuove disponibilità finanziarie per la realizzazione delle strutture mancanti, intervengano per ridurre vincoli ed impedimenti.

Inoltre, il segmento crocieristico, che trova ancora in Napoli lo scalo più vivace, può rappresentare per il nostro porto una grande opportunità di sviluppo, se accompagnato da idonei provvedimenti tesi a pubblicizzare, ed adeguatamente sostenere dal punto di vista delle logistica dell’accoglienza, le bellezze artistiche, monumentali e paesaggistiche dei rispettivi entroterra.
Deve essere, quindi, sempre più perseguito l’obiettivo di trasformarlo da scalo di transito a home-port, per indurre una più lunga permanenza dei crocieristi nella città e nell’hinterland.

Le idee progettuali e i pareri più che qualificati nel campo “porto”, non sono così tanti come ci si aspetterebbe. Infatti troppo spesso si assiste, impotenti, a sterili, se non dannosi, convegni su quello che si dovrebbe fare per il porto o per risolvere il collegato problema della mancanza di posti di lavoro, mentre nessuno, o quasi, presta ascolto agli attenti conoscitori della realtà porto i quali, da un po’ di anni, continuano a scrivere articoli animando l’asfittica dialettica sulla sorte del nostro scalo. Ed è proprio rileggendoli che ci si accorge come, oltre il naturale immutabile dato storico dei luoghi descritti, è assolutamente immutato lo stato di degrado ed abbandono in cui ancora versa.

Ecco che allora andare a riprendere quegli interventi, sempre attuali, rappresenta una testimonianza civile prima ancora che culturale, ma soprattutto un richiamo alla necessità di intervenire e subito.

Tra i più qualificati, senza ombra di dubbio, il dott. Pasquale Pedico con il suo fulgido passato di marinaio e profondo conoscitore delle cose riferite al porto e al suo sviluppo che lo porterà, a brevissimo, a dare alle stampe  un fondamentale lavoro, mai pubblicato, di suo padre, lo storico barlettano Oronzo Pedico, sulla storia e sul futuro del nostro porto, fornendo soluzioni, da provetto preveggente, che andrebbero benissimo per risolvere, oggi, i tanti problemi. E pensate che hanno appena una settantina di anni.

Eguale considerazione per il dott. Nicola Palmitessa il quale, proprio sulle pagine della Gazzetta del Nordbarese, ha avuto modo di mettere nero su bianco un articolato progetto di sviluppo portuale basato sulla non inferiorità a porti più “blasonati” come quelli delle antiche Repubbliche Marinare.

Allora, in presenza di progettualità valide e attuabili, cosa si aspetta a rimboccarsi le maniche per creare un futuro veramente solido per la nostra Città ?

fonte http://www.barlettanews.it/il-futuro-del-porto-di-barletta-nelle-mani-dei-parolai/


  • -

Società di Storia Patria per la conservazione della Cantina Sperimentale di Barletta

Per iniziativa della Società di Storia Patria sez. “S. Santeramo” di Barletta le associazioni culturali e di categoria, si sono incontrate per la seconda volta nella Sala della Comunità di S. Antonio per proseguire l’azione di sensibilizzazione finalizzata alla conservazione della Cantina Sperimentale di Barletta. Presente la dott.ssa Santa Scommegna, in rappresentanza del Comune di Barletta.

Ad apertura di seduta la presidente Antonietta Magliocca riferisce i risultati dell’incontro avvenuto fra il Sindaco Pasquale Cascella e una rappresentanza delle associazioni. In tale incontro il Sindaco ha portato a conoscenza il suo intervento presso il dott. Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e il dott. Michele Pisante, sub Commissario, perché sia mantenuto integro e in loco il patrimonio bibliografico documentario ed artistico della Cantina Sperimentale “ al fine di garantire il legame inscindibile con il patrimonio storico-culturale che la città ha il dovere di salvaguardare e valorizzare”. A tale proposito, per iniziativa della Società di Storia Patria la Soprintendenza ai Beni Culturali e la Soprintendenza Archivistica effettueranno un sopralluogo per verificare se ci sono le condizioni che permettano di vincolare l’intera struttura.

Discutibile la proposta di regionalizzazione della Cantina Sperimentale: fucina di ricerca da annettere al Centro di Ricerche Bonomo di Andria o rilancio di un Istituto autonomo, dipendente dal Ministero dell’Agricoltura?

Per il momento nella seduta del 17 u.s. è stato istituito un Comitato Spontaneo Cittadino che seguirà l’iter dell’iniziativa intrapresa, così costituito:

Binetti Nardo (IPSAM)

Cafagna Giuseppe (Cantina Sociale –Barletta)

Damiani Dario

Doronzo Pietro (Archeoclub)

Esther Larosa (CTG)

Fumarulo Francesco (Cantina Bardulia)

Gammarota Giuseppe (Comune di Barletta)

Antonietta Magliocca (Storia Patria sez. “S. Santeramo” di Barletta)

Palmitessa Nicola (La Cittadella Innova)

Santaniello Giuseppe

Seccia Michele (MCL)

Sarcinelli Michele (MCL)

Sarcina Ruggiero (Barletta News )

Mariano Stellatelli (Storia Patria Barletta)

Seccia Nicola

Non è esclusa l’eventualità di una mobilitazione in loco per i il 31 marzo, data di chiusura della Cantina Sperimentale di Barletta.

Il Comitato Spontaneo Cittadino per la conservazione della Cantina Sperimentale di Barletta

fonte http://www.barlettanews.it/societa-di-storia-patria-per-la-conservazione-della-cantina-sperimentale-di-barletta/


  • -

I Quaderni del Regio Portulano di Nicola Palmitessa

Presso la Sala delle Comunità Sant’Antonio, per il prossimo 22 aprile alle ore 18,30, avrà luogo la presentazione del libro del dott. Nicola Palmitessa intitolato: “Traffico navale nell’Adriatico. Da Barletta le reti portuali e di navigazione, i Quaderni del Regio Portulano di Puglia (1303-4)”.

In cosa consiste oggi la grande importanza dello specifico valore storico, culturale, giuridico e diplomatico dei preziosi Quaderni del Regio Portulano di Puglia?

Redatti nel 1303-1304, ma ritrovati solo alcuni decenni fa, questi documenti sono ora stati tradotti in lingua italiana. La loro consistenza  di costanti registrazioni delle esportazioni di cereali e victualia verso tutti le nazioni e città dell’Adriatico e parte del Mediterraneo, ne fanno un caso  singolare in tutto il Mediterraneo.

In Puglia gli Ordinamenta Maris di Trani (a tadatazione incerta), come la Tabula Amafitana sul Tirreno (Repubblica e mercati assorbiti poi dalle città pugliesi come Trani nel ‘200 e soprattutto dalla civitas regia di Barletta), hanno un rilievo puramente normativo e giuridico-formale.

Mentre  i Quaderni del Regio Portulano, non solo si caratterizzano per le complesse, effettive operazioni giuridiche, ma anche come effettive operazioni commerciali e diplomatiche. Il nascente, grande regno di Napoli, sarà capace di costruire l’unico ponte che unirà effettivamente sia gli staterelli della Penisola che i popolo dell’Adriatico orientale.

Se Amalfi, già nel ‘300 viene meno come potenza commerciale, invece Genova anche se a stento, ma soprattutto la Repubblica di Venezia, perdureranno fino agli XIX. La potenza commerciale e militare di Barletta, anche. Se è vero che secoli di storiografia del regno e della città andrebbero revisionate.

fonte http://www.barlettanews.it/i-quaderni-del-regio-portulano-di-nicola-palmitessa/


  • -

Nicola Palmitessa: «Ferragosto festa fondamentale per Barletta»

Tra Federico II di Svevia e la tradizione marinara, la celebrazione della festa

«Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione: no. C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: ‘Stà parlando di guerra di religione’. No. Tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri». Così prende il via la riflessione di Nicola Palmitessa (Città Studi-La Cittadella innova) sul senso religioso e storico del Ferragosto.

A queste recenti e veraci dichiarazioni di Papa Francesco, ciascuno potrebbe aggiungere le inconfessate (ma non troppo celate) intenzioni di guerra personale (e ideologica) verso il suo prossimo: nella sua vita privata, come in quella pubblica e contro i più elementari sentimenti di natura religiosa. Ivi comprese  le feste a tradizione religiosa come questa del 15 agosto di Maria Santissima Assunta in cielo. Quale risposta si potrebbe attendere da nazioni e città d’Europa che si scoprono con una mentalità atea e materialista? Che non si tratti di guerra religiosa, lo hanno testimoniato anche numerose presenze di musulmani durate le celebrazioni eucaristiche. Alcuni, contrariamente a certe istituzioni, hanno pure invitato a rimettere il Crocifisso nelle scuole. La guerra silenziosa, in realtà, proviene da una mentalità civile e politica che viene da lontano. E si farebbe ‘religiosità’ e ‘liturgia’ del potere mondano, con le sue fiere dalla vanità. Cosa ci aspetteremmo da un uomo che si atteggia, o meglio, scimmiotterebbe, Dio stesso? Quale destino per la stessa conservazione del Creato e delle sue creature, affidato da Dio allo stesso uomo?

Questa del 15 agosto è una delle più antiche feste di Barletta di cui oggi si abbia memoria. Sappiamo che il  20 dicembre del 1234 Federico II di Svevia conferì alla città di Barletta il privilegio della Fiera dell’Assunta, cui già esisteva – ce n’è traccia in un documento del 1169 – ma era rilegata all’ambito cittadino, mentre Federico II la estese a tutto il Regno di Sicilia. In realtà abbiamo scoperto documentazioni precedenti: come quello del 1232 ed un altro ancora precedente che risale ai Normanni, del 1185. Inoltre dalla Istoria di Francesco paolo de Leon, scritta nel 1769, apprendiamo che il titolo “di S. Maria dell’Assunta” dell’attuale nostra Concattedrale risalirebbe prima ancora, cioè al 1153: (il capitolo della Collegiata di s. Maria era sotto la protezione di Bisanzio, pp. 7-8).

Era tradizione – che ha perdurato fino agli anni ’60, tuttora se ne ha una sbiadita memoria – che in questa celebre data venivano onorati i propri debiti. E non solo contrattuali e monetari, ma anche morali e spirituali. Il tutto anche per onorare la Vergine Assunta in Cielo anima e corpo, affidando sotto la sua Celeste protezione i buoni auspici sui frutti del lavoro secondo i patti stabiliti tra contraenti.

Oggi, in questo triste periodo di crisi economica e morale, di un lavoro irriverente verso la natura e la bellezza del Creato,  non sarebbe buon auspicio affidarci a Lei? E alla sua provvidenziale protezione per le nostre tentazioni di inventarci una religione ‘umana’ che non cerca più il senso di Dio?  perché attardaci ancora ai continui litigi di sfrenati individualismo etico-sociale e sterili contrapposizioni tra schieramenti politici contrapposti? Il tempo di festa non coincide forse con la Domenica e l’utile invenzione del tempo libero con quello del giorno del Signore Risorto, per invitarci alla contemplazione del creato e dell’amore verso la dignità umana? Se già nell’alto Medioevo, la Chiesa  vietava rigorosamente ai re della terra  l’uso delle armi il giovedì, la domenica e durante le feste religiose, perché oggi alcuni consiglieri comunali si sfiatano nel proporre di tassare il povero venditore di palloncini per i bambini, proprio durante le feste religiose rionali o cittadine?

In Occidente la civiltà è nata da un’idea di Dio nel celebrare la festa per eccellenza, quella della Risurrezione di Cristo Gesù. E durante l’era del cavallo, la storia viaggiava sul mare e sulle coste delle grandi città costiere. Da questa prospettiva, quella di Barletta, dai Normanni in poi, è la storia della città marinara per eccellenza, sorta dopo la repubblica di Amalfi. Dopo i primi quattro saggi storici, pubblicati e presentati in questi anni, ed  il celebre Premio indetto lo scorso hanno: “Barletta città marinara 2015”, sono in dovere di fare un qualche aggiornamento.

Il primo, che ci riempie di gioia, è il constatare che svariate decine di vetrine nel centro cittadino siano state meravigliosamente arredate come forte richiamo alla vita sul mare e dal mare. La seconda novità, è  che in questi giorni, abbiamo portato alle stampe altri due volumi dal titolo: Barletta: “La Città marinara per il regno”; e l’altro: “Il regno per la città marinare di Barletta, e quelle ‘minori’ di Taranto, Brindisi e Trani”. In breve, se anche nel ‘400, Barletta si conferma città marinara, il cuore pulsante di tale città, lungo la storia, è rappresentato dal centro marinaro di S. Maria e della splendida Cattedrale di Barletta e Concattedrale diocesana, dedicata come si è detto, A Maria santissima assunta. Il frutto di queste faticoso lavoro, lo offro a Maria Santissima Assunta e ai politici che faranno festa, con altrettanta fatica. E Con la pace nel cuore.

fonte http://barletta.news24.city/2016/08/15/nicola-palmitessa/


  • -

Economia del turismo: tra mare e referendum

Riflessione di Nicola Palmitessa sulla cultura marinara

«Secondo tradizione, quello italiano, sarebbe “un popolo di santi, poeti e navigatori” – publichiamo la riflessione di Nicola Palmitessa, riguardante le posizioni sulla economia del turismo e mare –  Dove naviga oggi questo popolo? Solo sul web? E domani? Forse sul petrolio? Niente affatto. A smentirlo sarebbe stato proprio il risultato del recente referendum. Voluto per ragion di Stato, ma smentito per ragioni di ‘cuore’ e di mentalità culturale marinara, dallo stesso popolo interpellato. Noi italiani, lo sappiamo, siamo un popolo particolare, a volte, direi, senza una vera e propria identità. I tedeschi sono categorici, gli inglesi sono freddi, gli svizzeri precisi, gli italiani siamo tanti aggettivi messi assieme: siamo poeti per millenaria rassegnazione di colonizzati alle super-potenze di turno; siamo “navigatori”, per l’audacia nel varcare mondi sconosciuti, e muoverci in acque in acque chete e tranquille; e in quelle torbide e burrascose, perché in molti riescono a scialacquare senza scrupoli anche in acque altrui.

Siamo “santi”, per la capacità prestigiatoria di farci perdonare da tutti e nessuno, forse per il perduto amore verso la conoscenza della verità. E verso il mare affidatoci dal Padre Eterno. Però, anche il petrolio, tra le infinite risorse affidate all’uomo, sarebbe parte della economia affidataci dal Creatore. Dunque, secondo le ragion di stato saremmo anche un popolo di ‘petrolieri’? Un tempo scopritori delle Americhe, oggi, si fa per dire, dell’Arabia Saudita? Oltre al noioso dibattito in politichese, questo referendum, avrebbe suscitato il risveglio della poetica sul Mare Adriatico? In realtà il paradosso di tale referendum, ha risvegliato i sogni tranquilli, di un popolo (e di uno stato-regione Puglia) che ha dimenticato di essere una Penisola, con regioni come la Puglia, accarezzata da un solo vero amico, il mare. Il referendum si è rivelato, come ‘indice’ e grado di attenzione del popolo italiano, e pugliese, per grande malato: da cui sale il grido di allarme dell’opinione pubblica sulla risorsa mare, abbandonata da tutti e invocata da ciascuno: sul turismo e sulla economia del mare. Qui starebbe a cuore cogliere l’aspetto sociologico e culturale, piuttosto che le solite infinite contrapposizioni politiche. Visto come vera sub-cultura sedimentata per secoli e antica tradizione trasmessa da una generazione all’altra, il mare è la risorsa delle risorse che emerge dalla catastrofe dell’uomo postindustriale.

Non a caso, sul referendum, la regione più attenta d’Italia – dopo la rabbia non esaudita del petrolio di Basilicata – è stata la Puglia. Affluenza del 42% (Italia 32%); e per altri aspetti Barletta nella sua Provincia. Se per altro si osservano i Sì, il dato è ancora più significativo: Entrambe Provincia Bat e quella di Bari, hanno un identico indice di più alta attenzione alla vita del mare. Mentre Bari delude con il 40%, Barletta invece schizza con il 94% dei Sì; a seguire Bisceglie, Trani. Mentre Margherita di Savoia, prende addirittura il volo con il suo 96%. D’altra parte, a rincuorare il Progetto strategico Regionale sulla economy bleu, sono proprio alcune città regionali con il mare nel cuore del centro storico, come Polignano e Monopoli, dove si è raggiunto il quorum delle affluenze con il 55% e 52%. Come a dire: “Non di solo petrolio vivrà l’uomo”, ma di ogni ricchezza che ritroverai anche nel tuo. Perciò, da poco meno di un ventennio con grandi fatiche e sacrifici personali del mio modesto centro studi, ho promosso la vera cultura del mare. Si sono succeduti saggi storici, convegni, articoli su giornali, premi su Barletta città marinara. E progetti strategici, sistematicamente ignorati. Più recentemente, alcuni di rilievo cittadino, provinciale e regionale, ammuffiscono ancora nei cassetti istituzionali. Tuttavia,  apprendo con interesse, sulla Gazzetta del Mezzogiorno (20 aprile 2016), non senza un certo malincuore, e leggo un servizio speciale inedito proprio sull’economia del mare pugliese: Il salone della nautica a Bari, che tradizionalmente avveniva a Brindisi. Senza dubbio evento lodevole. Segno discreto di una nuova attenzione alle cose serie. Ma, nonostante la città di Bari – pur essendo stata il centro propulsore della campagna referendaria – abbia deluso, con i suoi rinsicchiti Sì, fermandosi al 40%, si propone come il centro innovativo sulla economia del mare. Limitata però al suo territorio comunale costiero. Perché solo qui i politici parlano di futuri e utili investimenti per necessari porticcioli turistici da rianimare? D’altro canto, che succede invece nella mia dormigliona città di Barletta? Ove politici e classi dirigenti e imprenditori, rimangono come anestetizzati dalla propria pigrizia? Si tratterebbe di una finta fobia del mare? O di qualcos’altro? Perché si rimane come avviluppati da strane paure, che si traducono nella stessa incapacità di realizzare sogni onirici, fuori tempo e fuori dalla storia? Perché restare come ipnotizzati e sedotti da impagabili e inverosimili mega progetti irrealizzabili e dannosi, mentre il mare vivo e cristallino affidatoci dal Creatore, lo trasformiamo in un mare morto e putrido? Chi metterebbe, si dice, in ginocchio fior di aziende addette ad opere infrastrutturali marittime e non? L’antica città marinara di Barletta, rimasta a secco di ogni speranza, potrebbe ripartire da piccole opere – culturali e materiali – dalla sapiente tradizione di un tempo, fatta di piccoli passi, di step utili per tutti? Oppure per pochi e per nessuno? Eppure non si vive di solo petrolio, ma anche di inedia politica e culturale. Oggi, dalla storica città marinara di Venezia a Barletta, santa Lucia possa portarci nuova luce alle citta marinare e al popolo dei politici, ancora in tristi penombre e pochi spiragli di vera luce».

fonte http://barletta.news24.city


  • -

«Governo e opposizione, in un solo mare per l’intera sola città»

Intervento e cronistoria di Nicola Palmitessa (Centro Studi: La Cittadella Innova)

Accogliamo l’acuta riflessione del dottor Nicola Palmitessa (Centro Studi: La Cittadella Innova): verso la stagione estiva e la riqualificazione del waterfront cittadino.

«Finalmente la montagna ha partorito il topolino. O meglio, il topolino avrebbe partorito la montagna: dall’area portuale fino in prossimità della strada per il  lido Mennea (via Luigi Dicuonzo), le strisce blù vieteranno ogni sorta di parcheggio – tutti verso il provvisorio parcheggio sotto il Paraticchio?  Dopo una montagna di progetti e proposte sull’area portuale e l’urbanizzazione della costa, sistematicamente  ignorati, dalla giunta di Maffei e in parte da quella del sindaco Cascella – siffatta e coraggiosa proposta dovrebbe sottendere il senso di adeguate e future attenzioni? Con questa ‘provocatoria’ isola pedonale, pare che l’Amministrazione avrebbe comunque serie intenzioni non solo stagionali ma permanenti e strutturali sulla costa e la Città marinara di Barletta. Ma il vero sarebbe un altro. Opposizione politica, dentro e fuori la l’attuale giunta comunale, sono direttamente coinvolte a costruire e non demolire, una possibile strategia di raccordo e fruizione turistica tra la città e il mare. O meglio, che fare  tra una città a disastro ambientale e una identità culturale marinara e turistica insabbiata dalla mediocrità delle giunte sinora susseguitesi?

Tuona l’opposizione: è indubbio che “condizioni primitive senza un briciolo di decoro, di verde attrezzato, di panchine nuove e servizi come fontanine, attrattive varie per i fruitori, aree fitness per tanti sportivi impegnati nel praticare jogging”, sarebbero solo per “gli interessi e la crescita economica di pochi”. Ma intorno alla vastità e complessità di  questi interessi – delineati dal progetto di città marinara già presentato al Comune –  non sarebbe meglio un tavolo di lavoro che coinvolgesse opposizioni e maggioranze?            Del resto, il coinvolgimento dell’intera società civile e istituzionale –  tra convegnistica, studi, ricerche storico-scientifiche, numerosi saggi, articoli e interviste rilasciate ai media, i frutti del lavoro espletati dal sottoscritto – lo hanno largamente dimostrato. Infatti, approdando alla prima edizione, 24 ottobre 2015 del Premio Barletta Città Marinara,numerose vetrine di negozi in Barletta, hanno pensato bene ad addobbi intelligenti. Rievocando così il senso di una stagione marinara per la città e la clientela culturalmente più attenta al tradizionale  buon gusto. Cosa di cui ringrazio infinitamente.

Per intenderci, lo scorso ottobre 2015, rappresentanti della Giunta e dell’opposizione, per la prima volta si sono felicemente incontrati al convegno nella  gremita Sala della Comunità sant’Antonio: “Barletta Città Marinara” e le prospettive della blue economy in Puglia. Anche la stampa si è sbizzarrita con titoli significativi: “Barletta deve riprendersi il mare per rinascere”. Sono convenuti perciò ecclesiastici, autorità civili e politiche, campioni nazionali e regionali di vela, Ass. culturali ed artistiche, sono convenute al premio Barletta città marinara. In particolare, Ecclesiastici: S. Eminenza Cardinale Francesco Montenegro, Presidente della Commissione Cei – Carità e Salute e della Caritas Italiana; Mons. Angelo Dipasquale, Arciprete Cattedrale di santa Maria; Mons. Filippo Salvo, Vicario Zona Pastorale di Barletta; Don Riccardo Losappio Direttore delle Comunicazioni Sociali e della Cultura, Arcidiocesi Trani-Barletta, Bisceglie e Nazareth; Autorità civili: Presidente della Provincia Bat Avv. Francesco Spina e Sindaco di Bisceglie; Sindaco della Città di Barletta, Pasquale Cascella; Dario Damiani Consigliere del Comune di Barletta; Mare sport etc: Francesco Saverio Giannone Capitano di lungo corso; Dott. Pietro Paolo Cappabianca, già Presidente della Lega Navale Sez. Barletta dal 1999 al 2014; Pierandrea Carulli, Sport Vela, già campione nazionale nel 2003 –Classe Meteor – Napoli; Ai signori Luigi e Giuseppe Paolillo campioni Velisti barlettani e multipremiati di livello regionale e nazionale; Al Signor Salvatore Papeo, ideatore del Trofeo Velico Opto Sport – Race (Margherita di Savoia-Barletta); Raffaele Rizzi, del Bed & Breakfast Eraclio in Barletta. Cultura e associazioni di volontariato e personalità: Prof.ssa Antonella Palmitessa, per le Marine sull’area portuale di Barletta; Prof. Biagio Cavaliere, già Presidente della Società di Storia Patria – Sez. Barletta; Libreria Cialuna di Barletta, nelle mani di Francesco Alfarano; Cinema Paolillo per il 100° Anniversario già Politeama Paolillo; Prof. Ruggiero Quarto geologo; Unitalsi di Barletta (fondata il15 agosto 1945) nelle mani del Presidente Cosimo Cilli, per il 70° Anniversario della fondazione; Antonietta Fioravante -Esperti; Al Prof. Ruggiero Dellisanti (Geologo); Aziende storiche: Antonio Daloiso, campione nazionale di Pasticceria Barlettano; Pastificio Bolognese – fin dal 1968, nelle mani del Signor Antonio Dicuonzo; Dr. Tullio Alberico della Reale Assicurazione.

Tra maggioranze e opposizioni, altri esempi di ordine istituzionale e sovracomunale potrebbero continuare a lungo. Se il governo nazionale a una città a disastro ambientale e marinara come Taranto, ha pensato di incominciare a curare alcune ferite promuovendo il rilancio del centro storico e del porto, perché il sindaco di Barletta non fa altrettanto invocando gli stessi provvedimenti per la città marinara di Barletta, non meno disastrata di Taranto? E ancora. Mi sono recato personalmente in questa città e in quella di Brindisi durate la regata Brindisi-Corfù. Con il Presidente della Fondazione dal mare, siamo pervenuti ad alcune intese strategiche e ragioni degli stessi fallimenti nelle città marittime pugliesi per i progetti del waterfront(Bisceglie inclusa): perché il Governatore Emiliano, farebbe ancora fatica a mettere in rete l’economia marinara regionale per rilanciare la stessa identità nazionale del made Italy (da tempo come  mortificata da quella francese), che fa acqua da tutte le parti, aree portuali comprese?

Come si vede, da oltre un lustro, le fatiche, sacrifici e costi miei personali e del centro studi che presiedo, sono visibili a tutti. Spero altrettanto per quelli assessorili, dei dirigenti e dei politici di turno. Ma la vera risorsa, a prescindere dal colore dello schieramento, è quella delle opposizioni costruttive, benché comportino notevoli fatiche e sane competenze. Ed il convegno sul premio Citta marinara 2015, secondo il civile principio di sussidiarietà, benedetto anche da autorità ecclesiali, echeggia anche come un inaspettato e non ancora compreso apostolato del mare. Per la prossima II edizione del premio città marinara 2016, si è pensato alla premiazione di aziende locali e regionali che vivono direttamente  di economia del mare».

fonte http://barletta.news24.city


  • -

News / Barletta: un referendum per il mare e la città

Barletta: un referendum per il mare e la città

Di Nicola Palmitessa

Secondo tradizione, quello italiano, sarebbe “un popolo di santi, poeti e navigatori”. Dove naviga oggi questo popolo? Solo sul web? E domani? Forse sul petrolio? Niente affatto. A smentirlo sarebbe stato proprio il risultato del recente referendum. Voluto per ragion di Stato, ma smentito per ragioni di ‘cuore’ e di mentalità culturale marinara, dallo stesso popolo interpellato.

 

Noi italiani, lo sappiamo, siamo un popolo particolare, a volte, direi, senza una vera e propria identità. I tedeschi sono categorici, gli inglesi sono freddi, gli svizzeri precisi, gli italiani siamo tanti aggettivi messi assieme: siamo poeti per millenaria rassegnazione di colonizzati alle super-potenze di turno; siamo “navigatori”, per l’audacia nel varcare mondi sconosciuti, e muoverci in acque in acque chete e tranquille; e in quelle torbide e burrascose, perché in molti riescono a scialacquare senza scrupoli anche in acque altrui.

 

Siamo “santi”, per la capacità prestigiatoria di farci perdonare da tutti e nessuno, forse per il perduto amore verso la conoscenza della verità. E verso il mare affidatoci dal Padre Eterno. Però, anche il petrolio, tra le infinite risorse affidate all’uomo, sarebbe parte della economia affidataci dal creatore.

 

Dunque, secondo le ragion di stato saremmo anche un popolo di ‘petrolieri’? Un tempo scopritori delle Americhe, oggi, si fa per dire, dell’Arabia Saudita? Oltre al noioso dibattito in politichese, questo referendum, avrebbe suscitato il risveglio della poetica sul Mare Adriatico? In realtà il paradosso di tale referendum, ha risvegliato i sogni tranquilli, di un popolo (e di uno stato-regione Puglia) che ha dimenticato di essere una Penisola, con regioni come la Puglia, accarezzata da un solo vero amico, il mare.

 

Il referendum si è rivelato, come ‘indice’ e grado di attenzione del popolo italiano, e pugliese, per grande malato: da cui sale il grido di allarme dell’opinione pubblica sulla risorsa mare, abbandonata da tutti e invocata da ciascuno: sul turismo e sulla economia del mare. Qui starebbe a cuore cogliere l’aspetto sociologico e culturale, piuttosto che le solite infinite contrapposizioni politiche. Visto come vera sub-cultura sedimentata per secoli e antica tradizione trasmessa da una generazione all’altra, il mare è la risorsa delle risorse che emerge dalla catastrofe dell’uomo postindustriale.

 

Non a caso, sul referendum, la regione più attenta d’Italia – dopo la rabbia non esaudita del petrolio di Basilicata – è stata la Puglia. Affluenza del 42% (Italia 32%); e per altri aspetti Barletta nella sua Provincia. Se per altro si osservano i Sì, il dato è ancora più significativo: Entrambe Provincia Bat e quella di Bari, hanno un identico indice di più alta attenzione alla vita del mare. Mentre Bari delude con il 40%, Barletta invece schizza con il 94% dei Sì; a seguire Bisceglie, Trani. Mentre Margherita di Savoia, prende addirittura il volo con il suo 96%. D’altra parte, a rincuorare il Progetto strategico Regionale sulla economy bleu, sono proprio alcune città regionali con il mare nel cuore del centro storico, come Polignano e Monopoli, dove si è raggiunto il quorum delle affluenze con il 55% e 52%.

 

Come a dire: “Non di solo petrolio vivrà l’uomo”, ma di ogni ricchezza che ritroverai anche nel tuo mare!

 

Perciò, da poco meno di un ventennio con grandi fatiche e sacrifici personali del mio modesto centro studi, ho promosso la vera cultura del mare. Si sono succeduti saggi storici, convegni, articoli su giornali, premi su Barletta città marinara. E progetti strategici, sistematicamente ignorati. Più recentemente, alcuni di rilievo cittadino, provinciale e regionale, ammuffiscono ancora nei cassetti istituzionali. Tuttavia, apprendo con interesse, sulla Gazzetta del Mezzogiorno (20 aprile 2016), non senza un certo malincuore, e leggo un servizio speciale inedito proprio sull’economia del mare pugliese: Il salone della nautica a Bari, che tradizionalmente avveniva a Brindisi.

 

Senza dubbio evento lodevole. Segno discreto di una nuova attenzione alle cose serie. Ma, nonostante la città di Bari – pur essendo stata il centro propulsore della campagna referendaria – abbia deluso, con i suoi rinsicchiti Sì, fermandosi al 40%,  riesce si propone come il centro innovativo sulla economia del mare. Limitata però al suo territorio comunale costiero. Perché solo qui i politici parlano di futuri e utili investimenti per necessari porticcioli turistici da rianimare?

 

D’altro canto, che succede invece nella mia dormigliona città di Barletta? Ove politici e classi dirigenti e imprenditori, rimangono come anestetizzati dalla propria pigrizia? Si tratterebbe di una finta fobia del mare? O di qualcos’altro? Perché si rimane come avviluppati da strane paure, che si traducono nella stessa incapacità di realizzare sogni onirici, fuori tempo e fuori dalla storia? Perché restare come ipnotizzati e sedotti da impagabili e inverosimili mega progetti irrealizzabili e dannosi, mentre il mare vivo e cristallino affidatoci dal Creatore, lo trasformiamo in un mare morto e putrido? Chi metterebbe, si dice, in ginocchio fior di aziende addette ad opere infrastrutturali marittime e non?

 

L’antica città marinara di Barletta, rimasta a secco di ogni speranza, potrebbe ripartire da piccole opere – culturali e materiali – dalla sapiente tradizione di un tempo, fatta di piccoli passi, di step utili per tutti? Oppure per pochi e per nessuno? Eppure non si vive di solo petrolio, ma anche di inedia politica e culturale. Oggi, dalla storica città marinara di Venezia a Barletta, santa Lucia possa portarci nuova luce alle citta marinare e al popolo dei politici, ancora in tristi penombre e pochi spiragli di vera luce.

 

Dott. Nicola Palmitessa

Centro Studi: La Cittadella Innova

fonte: http://www.nauticareport.it


  • -

Report / Dove è finita la Città Marinara di Barletta?

Dove è finita la Città Marinara di Barletta?

Dove è finita la Città Marinara di Barletta?

Di Nicola Palmitessa

Sepolta sotto la coltre dei frenetici distretti manifatturieri del ‘900, dal mare dell’antica Apulia riemergerà una insospettata città marinara di eccellenza. L’antica Baruli città emporio- mercantile (con il suo port of trade del Mediterraneo), già prediletta Civitas regia dei Normanni, dal Ducato d’Apulia di Roberto il Guiscardo in poi e da Re Tancredi fino al sec XIX, con notevoli migrazioni di amalfitani e ravellesi ed istituzioni marinare del Reame, imporrà come città marinara, alternativa a quella Amalfitana.

 

Da una rilettura di oltre dieci secoli,  tra le città del bacino del Mediterraneo, in particolare  del mare Adriatico e del regno di Sicilia prima e di Napoli poi, la recente revisione storiografica, ricca di ben quattro pubblicazioni di ordine storico scientifico. fatta dal Centro studi storici La Cittadella Innova, ha individuato Barletta come una nuova stella ‘di prima grandezza’ (non solo demografica) nel firmamento tra le repubbliche e città Marinare.

 

Questi nuovi paradigmi di lettura sono stati anche sostenuti, da ogni pubblicazione, caratterizzate da inedite conoscenze scaturite anche da: complesse traduzioni dal latino medievale, di materiale d’archivio, di rilievo sia regionale, nazionale e internazionale.

Barletta ne Regno di Napoli in un dipinto – – Da www.viaggioadriatico.it

 

Alla luce di questa nuova identità storico-culturale della nuova città marinara (come a racchiudere e dare senso unitario a quelle, già conclamate, su significativi  eventi storici tra loro lontani storico-militare (Barletta città della Disfida del 1503  e Barletta Città dalle medaglie d’oro del ‘900) e quindi delle stesse città e repubbliche marinare, si pongono alcune domande. Quale sarebbe stato il ruolo specifico storicamente assolto di questa città di Barletta? Nonché, come le altre città si sarebbero interposte a  quello ‘autonomo di Barletta? Quale, infine, il suo motto e la possibile denominazione?

 

Infatti, se le repubbliche (Amalfi, Venezia, Genova e Pisa) e città marinare (di Ancona, Gaeta e Noli), si estingueranno quasi tutte poco prima del Cinquecento, quella di Barletta, come Venezia, lo farà  molto più tardi: Venezia nel 1797 e Barletta fino all’Ottocento, cioè con la fine del regno Borbonico e l’Unità d’Italia.

 

Dalla complessa storiografia visti i criteri distintivi e definizioni delle città marinare – sia quello di fatto e di diritto, cioè de facto e/o de Iure, Barletta rientrerebbe  in quelle de facto, non dissimile per tanti aspetti dalle altre città marinare. Più in generale, considerato cosa siano state le città marinare tout court, come nascono le città e repubbliche marinara? Esse nascono attraverso una complessa  revisione storiografica e storica,  avviatasi a partire dall’800 in poi, per intensificarsi sempre più nel  ‘900 e soprattutto in questi ultimo decenni. Nel contempo, più recentemente, si è avviata anche la revisione storiografica su Barletta, arricchendo la stessa vasta letteratura sulle città e repubbliche marinare.

Barletta – Il porto nel 1880 – Da www.comitatoprocanne.com

 

In particolare, si sono delineati i seguenti specifici connotati. Alla luce dei criteri propri delle le repubbliche marinare, dalla tradizionale storiografia di Barletta – da tempo riconosciuta dalla storiografia mondiale di Emporio del Mediterraneo -, emerge non solo una chiara identità marinara, ma anche un singolare ruolo di cerniera tre le diverse città marinare. Un ruolo suscettibile di ulteriori ricerche anche per delinearne possibili letture unitarie intorni al susseguirsi delle vicende storiche tra loro concatenate.

 

Le possibili implementazioni che le città marinare (e non ) sono oggi chiamate a rispondere alla sfida della globalizzazione sono tutte aperte, così come una comune progettualità culturale.

 

Quanto alla sua specifica identità cittadina, ossia una possibile denominazione, se quella più longeva, Venezia, fu stata definita La Serenissima, e quella di Genova, La Superba per la possanza militare dei sui navigli  oltre che militare, come denominare quella di Barletta?

 

Dal sec. XI-XIX, alla luce della complessa revisione storia e storiografica, la città di Barletta,  per le sue note vicende storiche: di sapersi difendere la sua forte autonomia politica di città franca e di città militare; dotata di una duttile capacità di mediare tra le innumerevoli contese tra regni contrapposti e città marinare in conflitto; nonché di smarcarsi dai continui attacchi e da pericolose e molteplici aggressioni esterne, ma anche essere sostanzialmente riconfermata Civitas regia e Caput Regions del Reame di Puglia.


Barletta – Il molo in una foto d’epoca – Da www.viaggioadriatico.it

 

Per queste ragioni Barletta marinara può essere a buon diritto essere intitolata La Pacifica e/o Regina delle Vittorie (Nicola Palmitessa. Prefazione. Quattro saggi per la Città Marinara: Barletta. Ediz. La Cittadella Innova. Barletta 2014).

 

Titoli dei libri già pubblicati

 

1) Barletta Civitas Regia, privilegio di Re Tancredi. A.D. 1190. Traduzione Carla Colucci- Nicola Palmitessa. Barletta. 2010;

2) Il destino degli Svevi nella svolta di Anagni, Barletta e Salpi promesse a Venezia. Magma Grafic, Bari, 2011;

3) Federico II e san Francesco. tra dialoghi e identità. antefatti e svolta del patto di Anagni. Francesco alla corte imperiale di Federico II; Magma Grafic. Bari 2012;

4) Traffico Navale nel Mare Adriatico: da Barletta la rete portuale di navigazione. Nei Quaderni del regio Portulano di Puglia. una ricchezza per i Codici Diplomatici di Barletta e Veneto-Napoletano. Edizioni cel Centro studi: La Cittadella Innova. Magmagrafic. Bari 2009.

5) Quattro saggi per la città Marinara:Barletta. Edizioni La Cittadella Innova. Barletta 2015.

 

 

 

fonte: http://www.nauticareport.it


  • -

Barletta Città Marinara, tra ruolo istituzionale, commerciale e militare – Intervista al dott. Nicola Palmitessa

All’indomani della presentazione di quello che l’amministrazione comunale ha intenzione di far diventare il cosiddetto “Museo Diffuso del Mare”, è ritornato prepotente l’argomento di quanto importante sia il mare per la nostra cittadina.

È sentimento comune che il mare rappresenti per Barletta una risorsa imprescindibile, ma in un passato forse ingiustamente dimenticato il connubio tra Barletta e il mare è stato ancora più stretto, tanto che sta emergendo la teoria per cui Barletta sia stata una vera e propria “Città marinara” al pari delle storiche repubbliche marinare Pisa, Amalfi, Genova e Venezia.

È questo il caso del dott. Nicola Palmitessa che, dopo otto lunghi anni di traduzione studio dei documenti ufficiali in collaborazione con la dott.ssa Carla Colucci, ha nei due volumi in uscita ad aprile “Barletta: La Città Marinara per il Regno – Volume Primo” e “Un Regno per le Città marinare di Puglia – Volume Secondo”, editi dal Centro Studi La Cittadella Innova, illustrato questa affascinante scoperta.

Noi di Barletta News abbiamo quindi intervistato il dott. Palmitessa per saperne di più riguardo questo interessante argomento e illustrare solo alcuni degli spunti che è possibile ritrovare nei tomi che verranno presentati al pubblico il prossimo 21 aprile alle ore 19:00 presso la sala della Comunità S. Antonio.

Dottor Palmitessa, come è nata l’idea di questo studio?

Ogni libro di questa collezione (che portata a termine dovrebbe constare di sei volumi) parte dalla traduzione integrale dei diversi documenti presi in esame, cosa che mi fu suggerita da un docente di Storia Economica dell’Università di Bari, secondo il quale la presenza di documenti relativi agli armatori propri, nativi della città di Barletta, può delineare una vera e propria identità da Città Marinara per Barletta non solo militare ma anche e soprattutto Istituzionale, con moneta propria, proprie imbarcazioni, con un ruolo commerciale sempre supportato anche dal ruolo militare. Non è solo quindi il ricordo del ruolo di Barletta durante le crociate, ma un vero e proprio ruolo istituzionale, con riferimenti a numerose caratteristiche che la identificano come città marinare, similmente alle più famose quattro repubbliche marinare. Tutti questi indici e criteri che identificano Barletta come Città Marinara sono stati quindi posti al centro di quest’opera anche grazie a quei docenti che, 30 anni fa, mi spinsero a perseguire fin da allora questa ricerca. Con la dottoressa Carla Colucci abbiamo lavorato per circa otto anni su questi documenti, e questi volumi, frutto del nostro lavoro, verranno presentati il prossimo 21 aprile.

Quindi ciò che è stato possibile capire attraverso lo studio di questi documenti tradotti per l’occasione è il ruolo di Barletta come vera e propria Città Marinara

Esattamente. Questo materiale ridefinisce un po’ la concezione che si aveva sulla struttura del Regno di Napoli prima e del Regno delle Due Sicilie poi, ne ristruttura le identità delle singole città che lo componevano. La sostanza della ricerca è il chiedersi, vista la vastità del Regno in questione (che include oltre la Puglia anche l’attuale Campania, Basilicata e Calabria), quali altre città avevano un ruolo così importante sul mare oltre la città di Amalfi?

Istituzionalmente viene meno, in pratica, l’unità vera e propria del Regno di Sicilia, un regno che la storia ci insegna essere diventato unitario dopo la caduta dell’Impero Romano grazie alla Chiesa e ai Normanni intorno al 1130 e in cui gli storici non osavano porre delle città che avessero una sorta di indipendenza come i Comuni che regnavano nel Nord.

Eppure tra le repubbliche marinare c’era Amalfi, città del Regno, che però viene praticamente spodestata dopo l’accordo tra Normanni e Chiesa dal suo ruolo a questo punto della storia, perché sul piano strategico i Normanni decidono in accordo con la Chiesa di orientarsi vero Oriente, verso i Balcani e la Terra Santa, territori dove si giocavano le varie contese tra i sovrani del mediterraneo. Il versante Tirreno viene quindi sostanzialmente ignorato.

Contestualmente a questo venire meno di Amalfi, arriva nel 1190 la nomina di Barletta a “civitas regia” grazie a re Tancredi, che volle ricomporre, per affrontare le pretese al trono ereditato da suo padre, quella parte di regno concedendosi quello che potremmo definire un “regalo strategico a se stesso”.

Cosa implica questa nomina di Barletta a “civitas regia”?

Rende tutto ciò che è presente nel territorio di Barletta non più proprietà dei nobili ma direttamente proprietà dello Stato, sotto la diretta egida del Re, proprio in virtù del suo ruolo strategico nei commerci e sotto il punto di vista anche militare.

Le dinastie che seguirono il regno degli Svevi consolidarono questo orientamento e sul piano istituzionale, dagli Svevi in poi, Barletta diventa e rimane capoluogo di provincia e regione, come confermato dai documenti che abbiamo preso in considerazione, come per esempio confermatoci dal Quaderno del Regio Portulano di Puglia (1303-1304), una sorta di libro contabile caratteristico del Regno di Napoli di una carica resistita fino al 1800.

Un’autorità che piano piano è venuta meno, perdendo parte del suo potere con l’arrivo del viceregno spagnolo nel mezzogiorno, ma i cui quaderni comunque sottolineano come Barletta avesse effettivamente il ruolo di una Città Marinara.

Quindi quattro dinastie si sono succedute (Normanni, Svevi, Angioini edf Aragonesi) e tutte e quattro hanno confermato questo particolare ruolo istituzionale di Barletta

Esattamente, tant’è vero che ancora oggi esiste un titolo legato al territorio denominato “Ducato di Puglia”. Se a lecce abbiamo il Ducato di Lecce, o il Principato di Taranto, di cui faceva parte all’inizio anche Bari, ma Barletta era Caput Regionis ed essere il centro del Ducato di Puglia voleva dire essere fonte di un titolo nobiliare gelosamente trasmesso dai Normanni in poi. Tutt’oggi il titolo nominalmente esiste ancora ed appartiene ad Aimone di Savoia-Aosta, figlio di Amedeo, che porta il titolo di Duca delle Puglie.

Un titolo che si tramanda dal 1100 ad oggi con alla base un territorio unificato che partica da Aversa e arrivava a Trani, comprendendo città come Canne della Battaglia e, per l’appunto Barletta come suo centro. Il territorio poi si è steso ed è nato il vero e proprio Ducato di Puglia, che coincideva sostanzialmente con la parte nord della nostra regione.

Quali erano i rapporti tra Barletta e il Regno di Napoli e le altre Repubbliche Marinare?

Probabilmente Barletta rappresentava la principale competitor di molte di loro, specialmente per Venezia, che ne condivideva lo stesso mare.

Tant’è che i dissidi tra Federico II, di ritorno dalla crociata con armate di credo musulmano, e il papato, alleato con la repubblica di Venezia, potrebbero, secondo me, ricondursi ad una spinta della repubblica stessa per attaccare la sua rivale, spingendo sul bisogno del papato di tutelarsi da una minacciata invasione di guerrieri del credo islamico.

Tuttavia pur attaccando le città costiere del Gargano, nessuna armata o flotta osò attaccare direttamente Barletta, perché probabilmente era stata organizzata una forte difesa marittima attorno alla città, con un imponente schieramento anche militare.

Quanto importante era quindi la “Città Marinara” di Barletta sotto un punto di vista strettamente commerciale?

Da un punto di vista più commerciale, è importante vedere quanto annotato nell’importantissimo Quaderno del Portulano, un documento davvero unico nel suo genere e che ci ha permesso di capire moltissimo riguardo il ruolo commerciale, istituzionale e anche militare della città. Il quaderno ci riferisce, per i primi anni del 1300, un commercio intra ed extra regnum a dir poco florido, con decine di migliaia di tonnellate di grano trasportati in ogni dove.

È da sottolineare inoltre l’enorme dovizia di particolari con cui, in questo importantissimo documento, sono segnati tutti i carichi con relativi tempi di consegna e stato delle merci, con una precisione a dir poco immensa. Abbiamo persino trovato prime prove di fideiussioni e la presenza di quelli che potremmo definire veri e propri agenti di commercio, con il compito specifico di riportare nella maniera più precisa possibile tutti i carichi in transito da barletta, così da poter reagire a qualsiasi tipo di situazione ed inconveniente che poteva riguardare il carico stesso.

È possibile quindi capire che già da allora le responsabilità per eventuali danni alla merce non ricadevano solo tra le parti contrattuali, ma sussisteva già da allora la responsabilità del vettore, in questo caso della nave mercantile e del suo equipaggio. Altra dimostrazione dell’importanza internazionale di Barletta come centro commerciale è la presenza dei Cambiatori, i cambia monete che dovevano assicurare la scioltezza dei traffici tra mercanti provenienti da paesi differenti e quindi muniti di conio differente.

Sappiamo anche chi usufruiva di Barletta come centro commerciale di riferimento?

Certamente, nel Quaderno possiamo ricavare che i soggetti coinvolti negli scambi commerciali registrati qui a Barletta erano delle categorie più varie! Si passa dalle principesse ai merca più umili, dai magistrati ai capitani di nave, da galee appartenenti a qualche esercito a semplici navi mercantili.

Dal punto di vista militare invece come si atteggiava la Città Marinara di Barletta?

Essendo, ripeto, una città comunque indipendente e dovendo garantire anche la sicurezza dei commercianti che vi passavano, oltre all’aspetto commerciale in Barletta c’era anche un’anima militare, per quanto più votata ad operazioni di pace che offensive vere e proprie.

Un esempio di impiego di forza militare lo abbiamo con l’arrivo delle truppe del re di Ungheria, Luigi I, nel 1348, quando approdò nel Regno di Napoli per vendicare l’uccisione di suo fratello Andrea, marito di Giovanna I di Napoli, ad opera dei fratelli di quest’ultima.

Anche Luigi I selezionò come punto strategico e quartier generale delle sue truppe Barletta e, nel tumulto delle fazioni a favore e contraria alla rappresaglia del potente re ungherese, la città apre senza troppi problemi le porte alle truppe di Ungheria. In questo contesto, con tutte le città del Regno di Napoli nel caos, i 300 cavalieri istituzionalmente stanziati a Barletta uscirono in missione solo per “mettere pace” (a loro modo ovviamente, con la superiorità di mezzi di cui disponevano) nei comuni vicini in preda ai tumulti.

Fin quando le forze ungheresi stanziate all’interno della città non infastidirono la popolazione e le attività commerciali, i cittadini e le forze militari di Barlettane non fecero nulla contro il contingente di Re Luigi. Però, dopo due anni di stanziamento, il comportamento del contingente, composto da oltre 18 mila soldati, divenne insostenibile e dannoso per la popolazione barlettana stessa.

È solo a questo punto che il conflitto si inasprì, con la parte alemanna del contingente ungherese che spadroneggia in città insultando le origini più umili della maggior parte della popolazione barlettana ed etichettandoli come un popolo di “masnadieri”. Il conflitto quindi diventò una vera e propria battaglia fisica tra esercito ungherese e l’intera società civile barlettana, nonostante il rapporto commerciale con l’Ungheria prima di allora era stato più che florido.

Ecco quindi dimostrato come Barletta è sia una città di estrema apertura ma anche di notevole dignità: le armi, lo scontro vero e proprio è stato iniziato solo per difendere la dignità della popolazione e della città tutta, come succederà anche, per esempio, con la Disfida di Barletta, per quanto le motivazioni dietro tale evento siano molto più complesse. Tuttavia questo episodio sottolinea la funzione non solo commerciale ma anche militare della Città Marinara di Barletta.

Da questo punto, mi pare che lei, proprio dal particolare comportamento, sia in campo militare che commerciale, abbia tratto un nome peculiare per la Città Marinara di Barletta…

Certo. Fatte tutte queste premesse, la domanda da porsi rimane questa: qual è l’identità specifica, con quale denominazione potremmo indicare Barletta? Similmente alla “Possente” Genova e alla “Serenissima” Venezia, potremmo definire Barletta come la “Pacifica” città Marinara, per sottolineare come, di volta in volta, oltre ad avere un ruolo di mediazioni tra le varie forze in movimento sul panorama nazionale e internazionale, Barletta ha avuto anche il ruolo di mettere pace in tempi di conflitto e accogliere i profughi delle persecuzioni religiose che avvenivano in quei tempi nel Medio-Oriente. Barletta ha quindi sì una spiccata volontà nel difendere la propria identità territoriale, ma ha sempre rivestito un ruolo principalmente pacifico. Per queste ragioni, nello stemma che presentiamo nel secondo volume di questa ricerca, abbiamo assegnato alla Città marinare di Barletta il motto: “Pacis et Victoriae Stella”, ovvero per l’appunto “Stella di Pace e di Vittoria”.

Concludendo, quando il ruolo di Città Marinara è venuto meno per Barletta?

Questo è un altro dato che avvicina Barletta ad altre Città Marinare come Genova e Venezia: tutte quante cesseranno di esistere come tali con l’avvento di Napoleone. Con una piccola eccezione per Barletta: se nelle altre città marinare ci saranno scontri terribili tra le forze locali e truppe napoleoniche, da noi invece la transizione è diciamo più pacifica. Probabilmente grazie a rappresentanti della massoneria locale, le istituzioni di Barletta e di tutto il Regno di Napoli erano state compromesse e, al loro arrivo, le porte della città vengono aperte alle truppe francesi, con lo sterminio conseguente di centinaia di cittadini andriesi e tranesi. Certo, con la restaurazione tutto verrà formalmente ripristinato, ma in una sorta di “repubblica delle banane”, che poi tramonterà definitivamente. Tuttavia su questo periodo storico i nostri studi stanno ancora continuando e riporteremo quando verrà scoperto nei volumi successivi di quest’opera.

A me non rimane quindi che ringraziarla l’attenzione concessaci e le auguro a nome di Barletta News un buon prosieguo di questo interessante lavoro.

Grazie a voi.

fonte http://www.barlettanews.it/barletta-citta-marinara-ruolo-istituzionale-commerciale-militare-intervista-al-dott-nicola-palmitessa/


  • -

Nella sala della Comunità S. Antonio si terrà ‘LO SGUARDO APERTO. Segni di misericordia nel cinema, nel teatro, nella cultura”

Oggi a Barletta, presso la Sala della Comunità S. Antonio, si terrà una serata dedicata a “LO SGUARDO APERTO. Segni di misericordia nel cinema, nel teatro, nella cultura”.

L’iniziativa, si volgerà secondo il seguente programma:

Ore 19.30, Tavola rotonda

  • Daniele Cascella, regista cinematografico
  • Francesco Sguera, attore e regista teatrale
  • Carmen de Pinto, attrice e regista teatrale
  • Nicola Palmitessa, storico

Moderatore: Riccardo Losappio, Presidente Associazione Sala della Comunità S. Antonio

Ore 21.00, Spettacolo teatrale

  • Il sogno è vita

A cura del laboratorio teatrale per giovani e adulti condotto da Carmen de Pinto e Francesco Sguera

“LO SGUARDO APERTO. Segni di misericordia nel cinema, nel teatro, nella cultura” è un progetto – promosso da ACEC La Sala della Comunità, Ancci (Associazione Nazionale Circoli Cinematografici Italiani), Fondazione Comunicazione e Cultura, Ufficio Nazionale della CEI, MiBACT (Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo – che, da aprile a novembre 2016, è in via di svolgimento in Italia e affidato a 60 Sale della Comunità, tra cui quella di S. Antonio in Barletta.

“Se il termine ‘misericordia’ – spiega Riccardo Losappio – evoca subito il tratto fondamentale del Dio biblico che trova la sua massima espressione nel Vangelo della carità che è Gesù Cristo, esso, nel contempo, come non poche menti laiche hanno messo in evidenza, rafforza quella cultura dell’accoglienza, dell’ascolto, della relazione, di cui tutti – credenti e non – abbiamo bisogno, a livello di rapporti reciproci, tra le diverse comunità e trai i diversi popoli. Nel caso specifico, attraverso le rassegne cinematografiche e teatrali, vogliamo avvicinarci ai desideri profondi del cuore e delle esistenze umane e comprendere la necessità di aprire prospettive di senso. Misericordia è una parola evangelica molto poco usata in ambito laico e questo è un limite anche perché in essa dovremmo contemplare il conflitto, che ne è il suo opposto, e confrontarci con esso. Viceversa, la parola conflitto è più usata in ambito laico e meno in quello cristiano. Nel pensiero di Papa Francesco ‘conflitto e misericordia’ si richiamano e stanno assieme. ‘Il prodotto di una cultura laica (il conflitto) può stare assieme con il prodotto tipico di una cultura evangelico-cristiana’ (la misericordia) (Alberto Asor Rosa)

fonte http://www.barlettanews.it/


  • -

Quattro saggi per Barletta, Città marinara della Disfida

Stasera nella Sala della Comunità S. Antonio, alle ore 19.00, avrà luogo il convegno sul tema “Quattro saggi per Barletta, Città marinara della Disfida. Tra dentità storico-culturale e prospettive di sviluppo regione Adriatica”.

L’iniziativa è stata promossa da:

Il Centro Studi: La Cittadella Innova, Sala della Comunità Sant’Antonio, Unesco Sez. Barletta, l’Autorità Portuale Levante, Barlettaricettiva, l’Istituto Guardia d’Onore Reali Tombe del Pantheon, Delegazione BT, la Provincia Bat la Proloco Barletta.

Programma:

Tavolo Presidenza:

  • Rev. Angelo Dipasquale, Arciprete di Barletta;
  • Pasquale Cascella – Sindaco di Barletta;
  • Mario Sommariva, Segretario Autorità Portuale Levante;
  • Francesco Spina, Presidente Provincia BT;
  • Pierpaolo Pallotti, Comandante del Porto di Barletta;
  • Antonio Divincenzo, Ass. Attività Produttive.

 

Saluti:

  • Mennea Ruggiero, Consigliere Regione Puglia (Attività Prod.ve);
  • Filippo Caracciolo Consigliere Regione Puglia (Ass. Territorio);
  • Antonio Santo, Associazione Velica Antonio Pennetti
  • Divenuto Francesco Paolo, Confcommercio – Barletta
  • Vincenzo Corvasce, Presidente Confartigianato Prov. Bat
  • ssa Anna Rita De Giosa, Federalberghi Prov. Bari-Bat
  • Ruggiero Dibenedetto, Presidente-Vicario Cna – Bat

 

Conclude: l’Autore dei quattro saggi storici

  • Nicola Palmitessa, Centro Studi: La Cittadella Innova

fonte http://www.barlettanews.it/quattro-saggi-per-barletta-citta-marinara-della-disfida/


  • -

Barletta Città Marinara, tra ruolo istituzionale, commerciale e militare – Intervista al dott. Nicola Palmitessa

All’indomani della presentazione di quello che l’amministrazione comunale ha intenzione di far diventare il cosiddetto “Museo Diffuso del Mare”, è ritornato prepotente l’argomento di quanto importante sia il mare per la nostra cittadina.

È sentimento comune che il mare rappresenti per Barletta una risorsa imprescindibile, ma in un passato forse ingiustamente dimenticato il connubio tra Barletta e il mare è stato ancora più stretto, tanto che sta emergendo la teoria per cui Barletta sia stata una vera e propria “Città marinara” al pari delle storiche repubbliche marinare Pisa, Amalfi, Genova e Venezia.

È questo il caso del dott. Nicola Palmitessa che, dopo otto lunghi anni di traduzione studio dei documenti ufficiali in collaborazione con la dott.ssa Carla Colucci, ha nei due volumi in uscita ad aprile “Barletta: La Città Marinara per il Regno – Volume Primo” e “Un Regno per le Città marinare di Puglia – Volume Secondo”, editi dal Centro Studi La Cittadella Innova, illustrato questa affascinante scoperta.

Noi di Barletta News abbiamo quindi intervistato il dott. Palmitessa per saperne di più riguardo questo interessante argomento e illustrare solo alcuni degli spunti che è possibile ritrovare nei tomi che verranno presentati al pubblico il prossimo 21 aprile alle ore 19:00 presso la sala della Comunità S. Antonio.

Dottor Palmitessa, come è nata l’idea di questo studio?

Ogni libro di questa collezione (che portata a termine dovrebbe constare di sei volumi) parte dalla traduzione integrale dei diversi documenti presi in esame, cosa che mi fu suggerita da un docente di Storia Economica dell’Università di Bari, secondo il quale la presenza di documenti relativi agli armatori propri, nativi della città di Barletta, può delineare una vera e propria identità da Città Marinara per Barletta non solo militare ma anche e soprattutto Istituzionale, con moneta propria, proprie imbarcazioni, con un ruolo commerciale sempre supportato anche dal ruolo militare. Non è solo quindi il ricordo del ruolo di Barletta durante le crociate, ma un vero e proprio ruolo istituzionale, con riferimenti a numerose caratteristiche che la identificano come città marinare, similmente alle più famose quattro repubbliche marinare. Tutti questi indici e criteri che identificano Barletta come Città Marinara sono stati quindi posti al centro di quest’opera anche grazie a quei docenti che, 30 anni fa, mi spinsero a perseguire fin da allora questa ricerca. Con la dottoressa Carla Colucci abbiamo lavorato per circa otto anni su questi documenti, e questi volumi, frutto del nostro lavoro, verranno presentati il prossimo 21 aprile.

Quindi ciò che è stato possibile capire attraverso lo studio di questi documenti tradotti per l’occasione è il ruolo di Barletta come vera e propria Città Marinara

Esattamente. Questo materiale ridefinisce un po’ la concezione che si aveva sulla struttura del Regno di Napoli prima e del Regno delle Due Sicilie poi, ne ristruttura le identità delle singole città che lo componevano. La sostanza della ricerca è il chiedersi, vista la vastità del Regno in questione (che include oltre la Puglia anche l’attuale Campania, Basilicata e Calabria), quali altre città avevano un ruolo così importante sul mare oltre la città di Amalfi?

Istituzionalmente viene meno, in pratica, l’unità vera e propria del Regno di Sicilia, un regno che la storia ci insegna essere diventato unitario dopo la caduta dell’Impero Romano grazie alla Chiesa e ai Normanni intorno al 1130 e in cui gli storici non osavano porre delle città che avessero una sorta di indipendenza come i Comuni che regnavano nel Nord.

Eppure tra le repubbliche marinare c’era Amalfi, città del Regno, che però viene praticamente spodestata dopo l’accordo tra Normanni e Chiesa dal suo ruolo a questo punto della storia, perché sul piano strategico i Normanni decidono in accordo con la Chiesa di orientarsi vero Oriente, verso i Balcani e la Terra Santa, territori dove si giocavano le varie contese tra i sovrani del mediterraneo. Il versante Tirreno viene quindi sostanzialmente ignorato.

Contestualmente a questo venire meno di Amalfi, arriva nel 1190 la nomina di Barletta a “civitas regia” grazie a re Tancredi, che volle ricomporre, per affrontare le pretese al trono ereditato da suo padre, quella parte di regno concedendosi quello che potremmo definire un “regalo strategico a se stesso”.

Cosa implica questa nomina di Barletta a “civitas regia”?

Rende tutto ciò che è presente nel territorio di Barletta non più proprietà dei nobili ma direttamente proprietà dello Stato, sotto la diretta egida del Re, proprio in virtù del suo ruolo strategico nei commerci e sotto il punto di vista anche militare.

Le dinastie che seguirono il regno degli Svevi consolidarono questo orientamento e sul piano istituzionale, dagli Svevi in poi, Barletta diventa e rimane capoluogo di provincia e regione, come confermato dai documenti che abbiamo preso in considerazione, come per esempio confermatoci dal Quaderno del Regio Portulano di Puglia (1303-1304), una sorta di libro contabile caratteristico del Regno di Napoli di una carica resistita fino al 1800.

Un’autorità che piano piano è venuta meno, perdendo parte del suo potere con l’arrivo del viceregno spagnolo nel mezzogiorno, ma i cui quaderni comunque sottolineano come Barletta avesse effettivamente il ruolo di una Città Marinara.

Quindi quattro dinastie si sono succedute (Normanni, Svevi, Angioini edf Aragonesi) e tutte e quattro hanno confermato questo particolare ruolo istituzionale di Barletta

Esattamente, tant’è vero che ancora oggi esiste un titolo legato al territorio denominato “Ducato di Puglia”. Se a lecce abbiamo il Ducato di Lecce, o il Principato di Taranto, di cui faceva parte all’inizio anche Bari, ma Barletta era Caput Regionis ed essere il centro del Ducato di Puglia voleva dire essere fonte di un titolo nobiliare gelosamente trasmesso dai Normanni in poi. Tutt’oggi il titolo nominalmente esiste ancora ed appartiene ad Aimone di Savoia-Aosta, figlio di Amedeo, che porta il titolo di Duca delle Puglie.

Un titolo che si tramanda dal 1100 ad oggi con alla base un territorio unificato che partica da Aversa e arrivava a Trani, comprendendo città come Canne della Battaglia e, per l’appunto Barletta come suo centro. Il territorio poi si è steso ed è nato il vero e proprio Ducato di Puglia, che coincideva sostanzialmente con la parte nord della nostra regione.

Quali erano i rapporti tra Barletta e il Regno di Napoli e le altre Repubbliche Marinare?

Probabilmente Barletta rappresentava la principale competitor di molte di loro, specialmente per Venezia, che ne condivideva lo stesso mare.

Tant’è che i dissidi tra Federico II, di ritorno dalla crociata con armate di credo musulmano, e il papato, alleato con la repubblica di Venezia, potrebbero, secondo me, ricondursi ad una spinta della repubblica stessa per attaccare la sua rivale, spingendo sul bisogno del papato di tutelarsi da una minacciata invasione di guerrieri del credo islamico.

Tuttavia pur attaccando le città costiere del Gargano, nessuna armata o flotta osò attaccare direttamente Barletta, perché probabilmente era stata organizzata una forte difesa marittima attorno alla città, con un imponente schieramento anche militare.

Quanto importante era quindi la “Città Marinara” di Barletta sotto un punto di vista strettamente commerciale?

Da un punto di vista più commerciale, è importante vedere quanto annotato nell’importantissimo Quaderno del Portulano, un documento davvero unico nel suo genere e che ci ha permesso di capire moltissimo riguardo il ruolo commerciale, istituzionale e anche militare della città. Il quaderno ci riferisce, per i primi anni del 1300, un commercio intra ed extra regnum a dir poco florido, con decine di migliaia di tonnellate di grano trasportati in ogni dove.

È da sottolineare inoltre l’enorme dovizia di particolari con cui, in questo importantissimo documento, sono segnati tutti i carichi con relativi tempi di consegna e stato delle merci, con una precisione a dir poco immensa. Abbiamo persino trovato prime prove di fideiussioni e la presenza di quelli che potremmo definire veri e propri agenti di commercio, con il compito specifico di riportare nella maniera più precisa possibile tutti i carichi in transito da barletta, così da poter reagire a qualsiasi tipo di situazione ed inconveniente che poteva riguardare il carico stesso.

È possibile quindi capire che già da allora le responsabilità per eventuali danni alla merce non ricadevano solo tra le parti contrattuali, ma sussisteva già da allora la responsabilità del vettore, in questo caso della nave mercantile e del suo equipaggio. Altra dimostrazione dell’importanza internazionale di Barletta come centro commerciale è la presenza dei Cambiatori, i cambia monete che dovevano assicurare la scioltezza dei traffici tra mercanti provenienti da paesi differenti e quindi muniti di conio differente.

Sappiamo anche chi usufruiva di Barletta come centro commerciale di riferimento?

Certamente, nel Quaderno possiamo ricavare che i soggetti coinvolti negli scambi commerciali registrati qui a Barletta erano delle categorie più varie! Si passa dalle principesse ai merca più umili, dai magistrati ai capitani di nave, da galee appartenenti a qualche esercito a semplici navi mercantili.

Dal punto di vista militare invece come si atteggiava la Città Marinara di Barletta?

Essendo, ripeto, una città comunque indipendente e dovendo garantire anche la sicurezza dei commercianti che vi passavano, oltre all’aspetto commerciale in Barletta c’era anche un’anima militare, per quanto più votata ad operazioni di pace che offensive vere e proprie.

Un esempio di impiego di forza militare lo abbiamo con l’arrivo delle truppe del re di Ungheria, Luigi I, nel 1348, quando approdò nel Regno di Napoli per vendicare l’uccisione di suo fratello Andrea, marito di Giovanna I di Napoli, ad opera dei fratelli di quest’ultima.

Anche Luigi I selezionò come punto strategico e quartier generale delle sue truppe Barletta e, nel tumulto delle fazioni a favore e contraria alla rappresaglia del potente re ungherese, la città apre senza troppi problemi le porte alle truppe di Ungheria. In questo contesto, con tutte le città del Regno di Napoli nel caos, i 300 cavalieri istituzionalmente stanziati a Barletta uscirono in missione solo per “mettere pace” (a loro modo ovviamente, con la superiorità di mezzi di cui disponevano) nei comuni vicini in preda ai tumulti.

Fin quando le forze ungheresi stanziate all’interno della città non infastidirono la popolazione e le attività commerciali, i cittadini e le forze militari di Barlettane non fecero nulla contro il contingente di Re Luigi. Però, dopo due anni di stanziamento, il comportamento del contingente, composto da oltre 18 mila soldati, divenne insostenibile e dannoso per la popolazione barlettana stessa.

È solo a questo punto che il conflitto si inasprì, con la parte alemanna del contingente ungherese che spadroneggia in città insultando le origini più umili della maggior parte della popolazione barlettana ed etichettandoli come un popolo di “masnadieri”. Il conflitto quindi diventò una vera e propria battaglia fisica tra esercito ungherese e l’intera società civile barlettana, nonostante il rapporto commerciale con l’Ungheria prima di allora era stato più che florido.

Ecco quindi dimostrato come Barletta è sia una città di estrema apertura ma anche di notevole dignità: le armi, lo scontro vero e proprio è stato iniziato solo per difendere la dignità della popolazione e della città tutta, come succederà anche, per esempio, con la Disfida di Barletta, per quanto le motivazioni dietro tale evento siano molto più complesse. Tuttavia questo episodio sottolinea la funzione non solo commerciale ma anche militare della Città Marinara di Barletta.

Da questo punto, mi pare che lei, proprio dal particolare comportamento, sia in campo militare che commerciale, abbia tratto un nome peculiare per la Città Marinara di Barletta…

Certo. Fatte tutte queste premesse, la domanda da porsi rimane questa: qual è l’identità specifica, con quale denominazione potremmo indicare Barletta? Similmente alla “Possente” Genova e alla “Serenissima” Venezia, potremmo definire Barletta come la “Pacifica” città Marinara, per sottolineare come, di volta in volta, oltre ad avere un ruolo di mediazioni tra le varie forze in movimento sul panorama nazionale e internazionale, Barletta ha avuto anche il ruolo di mettere pace in tempi di conflitto e accogliere i profughi delle persecuzioni religiose che avvenivano in quei tempi nel Medio-Oriente. Barletta ha quindi sì una spiccata volontà nel difendere la propria identità territoriale, ma ha sempre rivestito un ruolo principalmente pacifico. Per queste ragioni, nello stemma che presentiamo nel secondo volume di questa ricerca, abbiamo assegnato alla Città marinare di Barletta il motto: “Pacis et Victoriae Stella”, ovvero per l’appunto “Stella di Pace e di Vittoria”.

Concludendo, quando il ruolo di Città Marinara è venuto meno per Barletta?

Questo è un altro dato che avvicina Barletta ad altre Città Marinare come Genova e Venezia: tutte quante cesseranno di esistere come tali con l’avvento di Napoleone. Con una piccola eccezione per Barletta: se nelle altre città marinare ci saranno scontri terribili tra le forze locali e truppe napoleoniche, da noi invece la transizione è diciamo più pacifica. Probabilmente grazie a rappresentanti della massoneria locale, le istituzioni di Barletta e di tutto il Regno di Napoli erano state compromesse e, al loro arrivo, le porte della città vengono aperte alle truppe francesi, con lo sterminio conseguente di centinaia di cittadini andriesi e tranesi. Certo, con la restaurazione tutto verrà formalmente ripristinato, ma in una sorta di “repubblica delle banane”, che poi tramonterà definitivamente. Tuttavia su questo periodo storico i nostri studi stanno ancora continuando e riporteremo quando verrà scoperto nei volumi successivi di quest’opera.

A me non rimane quindi che ringraziarla l’attenzione concessaci e le auguro a nome di Barletta News un buon prosieguo di questo interessante lavoro.

Grazie a voi.

fonte http://www.barlettanews.it/barletta-citta-marinara-ruolo-istituzionale-commerciale-militare-intervista-al-dott-nicola-palmitessa/


Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.