Zone Economiche Speciali, fervono i lavori: e Barletta sospira nel proprio sonno?
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Nell’era della rivoluzione istituzionale anche se tardiva rispetto alla nuova via della seta, (la Silk of road) data dalla recente riforma del sistema portuale e dalla istituzione delle due Zone Economiche speciali in Puglia, il sito barese sulla AdS Adriatico Meridionale con i rispettivi porti che ne fanno parte (Bari, Brindisi, Barletta, Manfredonia e Monopoli), risulta però in allestimento. Nessuna paura. Per ragioni forse non meno innovative, volute dal nuovo Presidente, le cose nuove si prospetterebbero, speriamo al più presto, al meglio per tutti. Quanto alle Zone economiche Speciali retroportuali (Zes), si prospetterebbe qualcosa che vada oltre i timidi crediti di imposta (gli sgravi fiscali, etc.) per attrarre investitori (pubblici e privati), a ragione di coinvolgere effettivamente anche gli enti locali perché possano mettere sul piatto in termini di Irap, Tari, etc. Tuttavia Pechino incombe, e ci pare più vicino di Roma e Bruxelles.
Intanto su Bari fervono un mare di buone iniziative. Infatti ecco un positivo riscontro offerto da una pioggia di comunicati stampa. Il 22 gennaio, nella sala conferenze del terminal crociere di Bari, si è svolto un convegno dal titolo: “Dal porto all’Autorità di sistema portuale. Lo sviluppo del porto tra territorio e globalizzazione”. Il 2 febbraio 2018: L’AdSP MAM raggiunge tutti gli obiettivi ministeriali. L’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, in soli 6 mesi dalla costituzione del Comitato di gestione, raggiunge tutti gli obiettivi assegnati per l’anno 2017 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si approva il nuovo Piano Anticorruzione e Trasparenza: un unico documento che accorpa una valutazione di processi a rischio di 5 porti, volto ai procedimenti, riferibili all’attività amministrativa che interessa un territorio molto vasto comprendente le provincie di Bari, Brindisi e Foggia.
Il 6, febbraio 2018: Il porto di Bari base operativa delle unità navali maggiori della Guardia Costiera: AdSP MAM e Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto sottoscrivono un protocollo d’intesa finalizzato alla destinazione di aree e banchine del porto di Bari per la realizzazione di sistemazioni di ormeggio delle unità navali maggiori della Guardia Costiera e di strutture tecniche di supporto. Il 15 febbraio: cerimonia per la consegna ad ARPA Puglia della “ex stazione marittima ferroviaria”. Il 22 febbraio 2018: Assoporti interviene sul Decreto del MIT di rimodulazione delle somme per opere nei porti Si tratta di una regolare attività di ricognizione e ridistribuzione degli stanziamenti delle somme destinate ad opere infrastrutturali nei porti. Infatti, sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio scorso, è stato pubblicato un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 19 novembre 2107, che rimodula le somme a suo tempo stanziati. Il 15 febbraio, si è tenuta una cerimonia per la consegna ad ARPA Puglia della “ex stazione marittima ferroviaria”, un edificio demaniale insistente nella circoscrizione portuale dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale. Ma cosa avviene anche in altre città portuali?
Se a Monopoli fervono alacremente il riuso di interessanti aree retroportuali, funzionali al possibile piano regolatore portuale, a Brindisi le cose vanno ancora meglio. Infatti, annuncia Patroni Griffi (presidente AdSP MAM) “Firmeremo un protocollo con il comune come è stato fatto lo scorso anno. Cosa che “si inserisce in una programmazione più strutturata che comprende tutti i porti pugliesi: abbiamo siglato un accordo con Puglia Promozione”.
E ancora. Resta da comprendere quale impatto potrà avere sull’economia del territorio l’istituzione della Zes. Innanzitutto – prosegue Patroni Griffi – sono soddisfatto per essere riuscito ad ottenere l’inserimento nella Zes dell’intero demanio marittimo: questo per Brindisi è molto importante perché vi rientra ad esempio l’Area Ex Pol, e ciò permetterà di agevolare la riqualificazione di quell’area anche con il coinvolgimento di privati. Stesso discorso per il capannone Montecatini e per la realizzazione di una stazione marittima”. Insomma, “tutti questi interventi vengono agevolati dai benefici legati alla Zes”. Ma ora – aggiunge il Presidente – “bisogna predisporre anche il pacchetto incentivante da proporre agli investitori, e su questo punto andremo a competere con altre regioni. E’ necessario inoltre tagliare i passaggi amministrativi e ciò può avvenire attraverso una devoluzione dei poteri in capo al Comitato della Zes, composto da Autorità portuale, dalla Regione, dal Ministero e dalla Presidenza del Consiglio. In presenza della Zes mi chiedo se sarebbe normale andare ancora a chiedere l’autorizzazione alla Provincia per effettuare un dragaggio”.
Quanto a Barletta, dice Patroni Griffi, “ci ho messo due mesi per trovare la quadra sullo spostamento dei sedimenti: servirebbe quindi azzerare i passaggi burocratici così da accelerare i tempi. E poi bisogna andare a creare un pacchetto che vada oltre il credito d’imposta: penso agli incentivi che gli enti locali possono mettere sul piatto in termini di Irap, Tari, ecc.”.
In questo encomiabile fervore analitico e propositivo, quali i sogni e inconfessati sospiri arroventerebbero il Comune di Barletta, autorevole Città come le altre, della AdSP MAM? D’altra parte proporre di mettere sul piatto delle Zes Irap e Tari, se ciò comporta sacrifici di entrate per i Comuni ed enti locali, sarebbe anche il Presidente dell’Anci (oggi De Caro, sindaco di Bari) ad attivarsi? Oppure il Governo del Dopoelezioni? O la stessa regione Puglia? Intanto, per rimodulare i fondi europei del 2020, giunge al Sud, il coordinatore europeo del Corridoio scandinavo, Pat Cox, e scopre granché di nuovo: la solita e triste arretratezza delle infrastrutture anche portuali.
Ma da fonti autorevoli, difficoltà e ritardi sulle Zes e via della seta, sono anche europei. Infatti, secondo un’indagine dell’International Transport Forum (ITF), ente intergovernativo che opera sotto l’egida dell’Ocse, nel 2017 Pechino sarebbe arrivata a controllare un decimo dell’intera capacità portuale europea. Come? A soli due anni dopo dallo sfrenato shopping di terminal strategici, dall’Oceano indiano passando per il Mediterraneo, fino alle coste atlantiche. E da qui spingendosi in Grecia (Pireo), Italia (Vado Ligure) e Spagna (Bilbao e Valencia) – effettuando così un “balzo in avanti” rispetto al 6,5% dell’anno precedente. infine le mire di Pechino si sarebbero spostate anche sul secondo scalo più importante del Belgio, Zeebrugge, il primo scalo dell’Europa nord-occidentale finito nell’orbita cinese. E tutto ciò – si sottolinea – nonostante l’effettiva assenza di reciprocità (tra gli Stati), che impedisce agli operatori stranieri di assumere quote di maggioranza proprio negli stessi porti della Repubblica popolare.
Da questo scenario italico-europeo, ove la Cina mette mano sui principali scali tra Asia, Africa ed Europa, colmando il deficit infrastrutturale euroasiatico e riportare in vita le antiche rotte commerciali lungo la via della seta marittima, per tutto ciò in Puglia e in Barletta, perché non si prende in considerazione nemmeno nostri recenti lavori – a salutare iniezione indolore – di cultura storica sulla via della seta tutta italiana, sui porti franchi di città mondiali e italiche nel ‘300, Venezia, Genova, Napoli, Barletta di Puglia, etc., nonché dell’Asia, Africa, Europa e Mediterraneo?
A cura di Nicola Palmitessa
Zone Economiche Speciali, fervono i lavori: e Barletta sospira nel proprio sonno?