Descrizione
SINOSSI
Tra Investitura e incoronazione del sovrano aragonese, la notevole complessità di materiali d’archivio diplomatici da quelli Ecclesiastici a quelli regii, – hanno fatto da richiamo alla identità culturale e umanistica cattolica. Questi interessanti materiali denotano anche una certa ripresa di quella sorta di unità ‘mistica’ del regno e delle nazioni europee, come sospinta dal defaticante successo dei sovrani aragonesi e del Papato insieme alla riscoperta ‘marinara’ e istituzionale della città di Barletta.
La forte ripresa della identità culturale cristiana già espressa nel Volume precedente, ci orienterà ora nel sondare una generale rilettura delle ‘città’ marinare del regno (città marinare de facto, mentre le repubbliche lo sono de jure) dal punto di vista delle politiche territoriali promosse dallo stesso regno. Per tutte si pensi: a) alle politiche delle franchigie e sgravi fiscali già applicate da re Alfonso (delle isole Liparote, una sorta di porto franco diremmo oggi); b) alle politiche territoriali delle aree portuali; c) alle politiche di accoglienza dei profughi Albanesi, poi a quelli dei greci di Coron, che non sono applicate in modo esclusivo solo a Barletta, ma anche nella città di Taranto e forse di altre città portuali.
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A causa della brusca interruzione storiografica avvenuta negli anni ‘80 sul concetto di autonomia dei comuni pugliesi, successivamente si è proseguito a confondere con disinvoltura lo stesso concetto di città marinara con quello di città del mare o marinaresche. Abbandonando così del tutto un possibile aggancio a quello proprio di autonomia che caratterizza ogni sorta di città marinara in sé.
Qui però riprendendo un metodo di indagine (storico e storiografico) proprio di una città marinara e della sua spiccata autonomia istituzionale ed economica (come Barletta), secondo relazioni coordinate di una città intra ed extra moenia si perverrebbe in modo speculare (e contestuale) a quello intra ed extra regnum. E questo metodo, da un lato si proietterà nello scenario europeo e globale, e dall’altro ci riconduce a quello originario della città e del regno. E ciò varrebbe anche per altre città del regno.
Navigando nello spazio-tempo risaliamo per ora alle origini costitutive della città marinara di Barletta che presto si identificherà con quella del Ducato di Puglia. Dai Normanni al Quattrocento – sempre seguendo l’invito di Pio II (Bolla di Investitura del 1458) nel rintracciare un possibile riequilibrio originario tra Chiesa e Stato – si evincono fatti inediti e poco conosciuto per la storia locale e per quella del regno. Si tratta non a caso della originaria costituzione del ducato di Puglia fatta da Roberto il Guiscardo (il quale “Colla maggior parte dell’esercito andò in campo a Barletta, ove erano ridotti tutt’i valentuomini eletti di quanti Greci erano in Italia. E vedendo che per esser libero il porto, e spiaggia per la protezione della rocca, e per questo le vettovaglie non esser mancare alla terra, cinse il porto di un gran numero di navi incatenate insieme in forma di mezzo cerchio, dalle quali ancora, oltre dall’impedire le vettovaglie agl’inimici, combatteva la Terra dalla parte del mare. E non meno tre anni continui vi stette, finché la conquistasse”), lo stesso titolo di Ducato di Puglia sarà tramandato da una corona all’altra fino agli aragonesi e da questi ai nostri giorni.
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In questo contesto che valica i confini delle mura cittadine, si giungerà agevolmente ad uno scenario più ampio e ricco di significative problematiche. Ad esempio, come giustificare la notevole differenza tra Taranto (secondo il Libro Rosso) che si mostrerà notevolmente reattiva e inosservante verso l’aragonese mentre Barletta e Napoli – si sveleranno particolarmente propositive al volere del re aragonese? Sappiamo inoltre che il porto di Brindisi, sarà reso impraticabile da Giovanni Orsini di Taranto (e lo resterà fino al ‘700), fino a ‘congelare’ ruolo marinaro e sviluppo della stessa città. Quali le effettive ragioni?
Sempre risalendo alle origini normanne del regno cosa accomuna la ex-repubblica marinara di Amalfi (con la sua Tabula amalfitana) in relazione con le altre città marinare del regno? Si pensi a quella di Trani (con suoi Ordinamenta maris del 1066), la cui identità ‘marinara’ sarà a sua volta surclassata ed assorbita come Amalfi per altre ragioni (nel Duecento) dalla città sveva-angioina di Barletta. Si pensi alle storiche scorrerie belliche delle galee militari della Serenissima nel 1239 sui centri portuali di Puglia (che daranno avvio alle note battaglie navali delle repubbliche per tutto il Duecento), nonché al consolidato ruolo marinaro e mercantile extra regnum ed europeo della città con i suoi Quaderni del regio Portulano di Puglia del 1303).
Del ruolo marinaro di Amalfi – oltre ad essere stato progressivamente sostituito dai Normanni con quello di Barletta – ora sappiamo che non solo i monaci benedettini già nel sec. X con il loro rito cattolico si spingevano sul Monte Athos in Grecia. Sapremo anche che il rito cristiano ortodosso, benché emarginato a causa delle continue guerre era stato difeso dai pontefici fino a Pio II e da Ferdinando I d’Aragona. E non proprio dai Pontefici a lui successivi.
Numerosi interrogativi potrebbero moltiplicarsi ancora (perché un pontefice in fuga dalle armi regie si porterà in salvo solo presso Barletta con dieci galee genovesi? E che dire della reazione popolare verso i soprusi perpetrati dall’esercito degli Ungheri e della missione di pace dei 300 cavalieri di Barletta verso le città di in un regno caduto nella profonda anarchia militare e sociale? Perché un pontefice come Urbano VI trova provvidenziale salvacondotto solo presso Barletta e Trani? Come si presentava quel vasto territorio costiero del Portus Pape e chi sarebbero stati gli effettivi soggetti che si sarebbero furtivamente prodigati in quei tempi di scisma e guerra contro la Chiesa?
Percorrendo le coordinate del dibattito storiografico (Interrotto negli annin’80) sulla autonomia dei comuni in Puglia e nel sud italico, si troverà un senso di lettura alla luce delle specifiche identità marinare di queste grandi città portuali. Autonomia economica e istituzionale comportano una comune e inaspettata rilettura territoriale di queste città. E quella di Barletta significa anche rintracciare alcune notevoli e inediti ruoli sul complesso scenario dei mercati internazionali. Infatti, la letteratura della storia economica e Manuali della Mercatura, ci confermano già agli inizi del ‘300 come Barletta – al pari con le repubbliche marinare: Venezia, Genova, ancora in auge mentre Pisa e Amalfi sono già appaiate – sia meglio connessa non solo col mercato del regno ma anche con quello globale o mondiale di quel tempo.
Quali ora la specificità delle città marinare pugliesi? Principato di Taranto, Ducato di Puglia e Ducato di Amalfi, come preludio alla formazione delle successive ‘autonomie’ delle città marinare di Puglia. Infatti sul concetto di autonomia la lettura storiografica ne coglierebbe significativi aspetti protesi ad una prima lettura unitaria. Se la specifica autonomia di Taranto sarebbe burocratico-istituzionale, quella di Brindisi si fa sacrificale ad onta di dissapori politici verso la corona aragonese; mentre l’autonomia di Trani benché più composita di Taranto e Brindisi, già nel Duecento verrà sussunta (per decisione dei sovrani e delle grandi Diocesi, anche per via delle immense risorse naturali di vasti territori) dal primato istituzionale marinaro, economico, monetario e mercantile e militare di Barletta.
Se l’autonomia di brindisi è accomunata a quella di Taranto per lo stesso Orsino, Trani si accomuna a Barletta per vicinanza diocesana ed ecclesiale e delle stesse perone dei sovrani aragonesi, ma di fatto se ne allontanerà per la relativa povertà dei territori rispetto a Barletta. Il vasto hinterland portuale di Barletta, infatti, si connotava di forti e vitali città-Diocesi e ricchezze naturali insieme ad una universale gamma di prodotti ad uso civile e militare (sale, legname, vino, cotone, volatili, pesci, legumina et victualia, etc.): di fiumi, laghi e fiumare e paludi.
Il tutto oggi ci richiamerebbe alle radici cristiane di questa società locale, tese alle indispensabili opere di Misericordia e alla recente Enciclica di Papa Francesco Laudato ‘Si’ (rinnovando la lunga scia dell’apostolato del mare dei suoi predecessori) per la custodia e salvaguardia del creato di cui l’uomo moderno pare abbia drammaticamente smarrito il senso del tempo e dello spazio affidatogli.
La città del sud italico, storicamente, si sarebbero rivelate anche le città di santi Patroni protettori del mare e quindi delle città marinare: da san Cataldo per Taranto, per Corato, e per Barletta fino al sec. XV (sostituito da san Ruggero), fino al più recente santo protettore del mare, San Francesco da Paola (Cosenza) del sec. XVI.