
Tra Investitura e incoronazione del sovrano aragonese, la notevole complessità di materiali d’archivio
diplomatici da quelli Ecclesiastici a quelli regii, – hanno fatto da richiamo alla identità culturale e
umanistica cattolica. Questi interessanti materiali denotano anche una certa ripresa di quella sorta di unità
‘mistica’ del regno e delle nazioni europee, come sospinta dal defaticante successo dei sovrani aragonesi e
del Papato insieme alla riscoperta ‘marinara’ e istituzionale della città di Barletta.
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Strano ma vero. Finalmente dopo quella di Amalfi, sempre nel regno del Sud italico, (grazie a lavori di scavo
sotto una coltre di materiali storici e di archivio, di storiografie avviate tra ‘800-‘900 e mai compiute),
ecco il V volume di rilettura storica (secc. XI-XVI) sul regno di Napoli e la sua prediletta città marinara
di Barletta. Ancora tra angioini e aragonesi, nel firmamento delle città marinare è apparsa una nuova
stella di luce propria. Un regno come generato da una città marinara e questa come legittimata
solo da quello. L’enorme eredità politica e istituzionale lasciata da Alfonso d’Aragona (17 giugno 1458)
per suo figlio naturale Ferdinando I, è addossata su Enea Silvio Piccolomini, neoeletto Pontefice Pio II.
Gli angioini sono sempre sul piede di guerra. I Baroni fanno loro eco.
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La via più sicura per il commercio delle derrate alimentari era quella per via mare. Cosa che
assicurava notevoli decime per la curia regia normanna e sveva. Al punto di motivare gli Angioini
alla istituzione di un ente sovracomunale che governasse i porti dell’intera Puglia: Il regio Portulano
di Puglia con sede ininterrotta in Barletta. Recentemente sono stati rintracciati due Quaderni
ricchi di infinite annotazioni come una banca data di infinite registrazioni regie sulle ingenti
esportazioni effettuate intra et extra regnum di legumina et victualia, ovvero di derrate
esportate intra ed extraregnum (dentro e fuori il regno di Napoli). Nonché di ceci, fave,
di cavalli, ronzini, macine per il grano, passeggeri ed altro.
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Cosa si cela dietro la stesura e la fase operativa del Patto di Anagni del 1239 tra Gregorio IX e la potente
Repubblica di Venezia? Perché spingersi a detronizzare il recalcitrante sovrano svevo dal regno di
Sicilia con la forza delle armi? Perché il destino degli Svevi sarebbe già segnato dalla svolta del Patto di Anagni?
Cosa succede dopo questa fatidica data del 1239 e quali le reazioni sia del Papato che di Federico II?
Che ruolo diplomatico e militare avrebbero avuto le repubbliche marinare? E quello della strategica
città marinara di Barletta?
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Nel Duecento, dopo secoli di navigazione storiografica a vista e mai documentate ecco la grande
scoperta sulle ‘ragioni’ e sull’effettivo luogo dell’incontro-scontro tra l’imperatore svevo Federico II e il
Poverello di Assisi offerto da autorevoli documentazioni (Fonti Francescane): il frate sarebbe stato
arrestato dai cortigiani a causa di una sua ‘spontanea’ predicazione nella città Barletta, per altro dotata
di unico porto sicuro di imbarco per pellegrini, frati francescani e crociati dall’Italia e dall’Inghilterra
per Terrasanta. Il ritrovamento (nel ‘900) del racconto sul famoso miracolo del fuoco– avverrà
quindi proprio in questa civitas regia, e non altrove – potrebbe essere computato agli inizi del 1220.
Un uomo – frate Francesco modello di vero cristiano – accolto dal ‘feroce’ Sultano (Al Malik in
Egitto nel 1219), verrà però arrestato e imprigionato poco dopo da Federico II (Gregorio IX, lo
assimilerà alla bestia “dell’Ascendit mare”).
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Perché questa prima e sistematica traduzione del privilegio Regio del 1190? Quali novità si scoprirebbero?
Fin dal lontano 1190 Barletta, già durante l’Età Normanna è stata una delle primissime città in tutto
il regno di Sicilia ad essere beneficiata del privilegio di Civitas regia, ossia dello Stato e non baronali.
Già con I Normanni, l’hinterland portuale è come costellato da numerose e antiche Città-Diocesi come
Salpi, Canne della Battaglia, Canosa, Minervino. Ecco alcune delle ragioni di questa prima e sistematica
traduzione: quella del re Tancredi che innova lo Stato a partire dalle sue strategiche e affidabili
città del regno; la concessione di migliaia di ettari di terre demaniali sia costiere che dell’entroterra;
prime regole per i pellegrini accolti negli Hospes; divieto del duello tra privati.
E tante altre innovazioni etiche e morali da riscoprire.
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